Spiaggia e cinema:  luogo e racconto delle dinamiche sociali, antropologiche e identitarie di un popolo.

La spiaggia nel cinema italiano

All’interno della rassegna di letture in compagnia del Tirreno e dell’approfondimento sulle spiagge, torniamo sull’italico bagnasciuga di vizi e virtù, ripercorrendo 70 anni di cinema italiano. Testo estratto dall’articolo di Christian Uva segue…

Specchio degli italiani

La spiaggia non è solo un territorio fisico e geografico, ma soprattutto un vero e proprio topos nel quale si possono rispecchiare in forme più o meno evidenti le caratteristiche sociali, antropologiche e identitarie di un popolo.

Sull’arenile italiano viene messo a nudo, con tutte le sue storiche e insanabili contraddizioni, il “carattere nazionale”. Il set ideale di una moltitudine di opere capaci di mettere in scena e interpretare con una peculiare nitidezza i mutamenti storici, sociali e antropologici vissuti dal nostro Paese nel corso del tempo.

Nel regime fascista i lidi italici vengono esaltati in quanto sorta di “terra promessa”. Con la miriade di corpi seminudi dei bagnanti intenti a trascorrere sui nostri litorali le ore libere dal lavoro, si mira a celebrare il culto del corpo e della salute fisica.

Spiaggia e Boom

Nel 1950 il mare, la riva e le attività che vi si svolgono in una tipica giornata festiva d’estate diventano il tema centrale di un’opera di finzione. Domenica d’agosto di Luciano Emmer segna il principio di una nuova stagione cinematografica. E’ lo specchio del rinnovamento vissuto dal nostro Paese in quegli anni. La “condizione balneare” descritta da Emmer è quella in cui il rimosso della guerra, e l’immaginario a esso connesso, mutano di segno in un’Italia che ora vuole letteralmente lavarsi di dosso la polvere delle macerie della guerra.

Negli anni successivi il topos della spiaggia va gradualmente accentuando il suo carattere multiforme nel quale ciò che è radioso, festoso, rassicurante e familiare convive con il suo risvolto più perturbante e oscuro. A tenere insieme il tutto è la dimensione di vera e propria arena che il litorale va acquisendo in termini di luogo di esercizio dello sguardo e della performance, di messa in mostra di rituali sociali e di fenomeni più o meno bizzarri. Da un lato, ecco allora un’opera paradigmatica come La spiaggia (1954) di Alberto Lattuada in cui la riva si fa arena sociale all’ennesima potenza, acquisendo una coloritura persino politica e assurgendo in tal senso a lucida metafora dell’Italia pre-boom economico. Dall’altro, si faccia invece riferimento alla gran parte della filmografia di Federico Fellini, nella quale lo spazio litoraneo, assumendo spesso i connotati del set o dell’arena circense, si fa orizzonte immaginifico ed espressionista, metafisico e simbolico, arcaico e atemporale.

Con l’avvento del boom economico la spiaggia diventa nel cinema italiano un “luogo comune” talmente ricorrente da determinare la nascita di un vero e proprio filone balneare. Vacanze a Ischia (1957) di Mario Camerini, Tipi da spiaggia (1959) di Mario Mattoli, Ferragosto in bikini (1960) di Marino Girolami, Frenesia dell’estate (1964) di Luigi Zampa sono solo alcuni dei titoli più rappresentativi di una serie di pellicole in cui si mette in bella mostra l’Italia sovreccitata dal nuovo corso storico, sociale ed economico nel quale essa è appena entrata. La riva vi si ufficializza come territorio di totale sospensione dei codici che regolano moralmente e socialmente la vita ordinaria e in cui trionfa una dimensione carnevalesca alla quale si ha democraticamente accesso purché si sia (s)vestiti in costume (da bagno).

Nello stesso periodo anche un caposaldo della commedia all’italiana come Il sorpasso (1962) di Dino Risi celebra nella sua sezione finale il rito delle vacanze al mare. Una occasione per fotografare, in modo lucido e impietoso, l’Italia alle prese con la vorticosa accelerazione sociale e storica impressa dal boom economico.

Nel corso degli anni Sessanta le rive del nostro cinema si cominciano  a trasformare in scenari di un’inesorabile deriva,  condensando un sostanziale scetticismo nei confronti del processo di modernizzazione vissuto dal Paese. Ecco allora un’altra opera paradigmatica di Risi come L’ombrellone (1965), film che, pur rientrando a pieno titolo nel filone della commedia balneare, ne propone il ribaltamento grottesco dei motivi centrali, rappresentandone di fatto il canto del cigno. Qui la spiaggia non è più il solare, quantunque illusorio, approdo di un viaggio fisico ed esistenziale (come ne Il sorpasso), bensì il luogo simbolo di una vera e propria degenerazione della condizione umana.

Negli anni successivi il paesaggio della riva si va facendo sempre più orizzonte fuori dalla Storia.  Svuotato delle consuetudini e degli accessori propri delle pratiche del tempo libero, così come esse sono state ritualizzate durante il miracolo economico. L’umanità torna a una sorta di arcaica quanto ferale condizione primigenia, come accade paradigmaticamente in buona parte del cinema di Marco Ferreri.

Decadenza

Tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei settanta, mentre da un lato il cinema italiano scopre nuovi orizzonti balneari, come ad esempio quelli vergini e incontaminati della Sardegna (tra tutti: Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto di Lina Wertmüller, 1974), dall’altro esso mostra la condizione di inquinamento a cui le coste della penisola sono andate fatalmente incontro, facendosi ricettacolo delle scorie, fisiche e simboliche, prodotte dalla modernizzazione, come viene mostrato impietosamente in varie sequenze di Dramma della gelosia (1970) di Ettore Scola e In nome del popolo italiano (1971) di Dino Risi.

La decadenza del terrorismo e della violenza politica interessa la stessa condizione balneare, come sancisce l’emblematico Casotto (1977) di Sergio Citti, vera e propria fenomenologia del capanno balneare che, in quanto tale, costituisce la radicale quanto claustrofobica negazione del concetto stesso di spiaggia quale metafora di libertà ed evasione.

Bisognerà aspettare il 1983 di Sapore di mare di Carlo Vanzina per ritrovare quello che forse è l’ultimo vero beach movie all’italiana. Occasione per un tentativo di ripresa della commedia balneare, questo film è proiettato in un passato prossimo, e insieme ormai remoto, che coincide con l’età d’oro delle pellicole estive di ambientazione marinara. Adottandone lo scenario e la struttura narrativa, riprende e omaggia le atmosfere della compianta Italia dei sixties. Terminato il lungo inverno degli anni di piombo, il film  diventa simbolo dell’estate, assumendone i connotati della solare stagione-rifugio.

La spiaggia ha successivamente potuto giovarsi di un consolidamento della propria funzione topica, tornando “in circolo” più volte e a vario livello sul grande e piccolo schermo. Replicando schemi del passato,  da Ferie d’agosto (Paolo Virzì, 1996) a Come un gatto in tangenziale (Riccardo Milani, 2017), gli arenili non hanno perso la loro funzione di spazi liminali, capaci di condensare vizi e vezzi degli italiani così come le trasformazioni sociali, economiche e politiche del Paese.

Nel contempo essi si sono progressivamente caricati di una radicale dimensione ferale esibendo, in crime series diventate cult come Gomorra (2014-2021) e Suburra (2017-2020), la propria canonica funzione di frontiera in questo caso declinata nei termini del confine ultimo tra legalità e illegalità.

Il cinema italiano, tra finzione e documentario, ha riflettuto a più riprese e con moduli stilistici di volta in volta diversi sullo statuto di confine assunto dalle nostre coste e interpretato ora nei termini di un’interfaccia funzionale alla mediazione fra i popoli, ora, al contrario, in quelli di uno sbarramento atto all’esclusione e al rigetto verso il mare dell’estraneo.

In entrambi i casi è la secolare condizione liminale tra speranza e disillusione, libertà e oppressione, apertura e chiusura quella che il topos della spiaggia ha continuato a interpretare con una potenza drammaturgica e una carica immaginifica del tutto uniche.

Extra

Spiagge

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Colonie marine

> Le colonie marine, edifici monumentali lungo le coste italiane, luoghi fragili e memorie di un passato tutto ancora da metabolizzare. Nate per curare le malattie infettive, nel tempo acquisiscono altri significati, in particolar modo legati all’educazione delle masse e alla costruzione di un’identità politica nelle giovani generazioni, promossi sia dai regimi totalitari che da governi democratici. In molti casi, queste costruzioni anticipano l’urbanizzazione di nuove mete turistiche costiere e montane, rese accessibili dalle linee ferroviarie in costruzione. segue...

Il Sorpasso

> Con il film “il Sorpasso” il grande pubblico scopre negli anni ’60 la bellezza della costa tirrenica tra la provincia di Livorno e Grosseto. Le strade invase dalle quattroruote, le spiagge brulicanti, i locali notturni, Castiglioncello e Viareggio templi dell’evasione, del tempo libero e gaudente. Passati 50 anni ed esauritasi la spinta dell’automobile, è ora il tempo di rilanciare la bicicletta anche in Italia? segue...

Letture

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> Il Tirreno è un teatro che racconta mille incontri. Le memorie storiche si intrecciano con gli scenari naturali, imprimendo a terra tracce da rievocare, un pedale alla volta. Seguendo in bici il mare e i suoi tematismi. Spiagge, fari, pinete, zone umide, promontori, miniere, …. quante storie siete pronti ad ascoltare? segue...

Progetto TirrenicaZERO

> Un progetto nato dal basso, che aggrega informazioni per partire in bici in compagnia del Tirreno. In attesa di un sito ufficiale che ci lasci liberi di pedalare, aiutateci a rendere questo spazio utile a tutti coloro in cerca di itinerari da Ventimiglia a Roma (...e oltre) segue...

Il vostro contributo

> Innamorat@ anche voi delle pedalate vista mare? Date una occhiata al progetto e alla squadra operativa. Partecipate con passaparola, proposte, feedback, ... Le amministrazioni non vedono le potenzialità della CicloVia? Mostriamo loro il contrario. Facciamo conoscere insieme la futura Tirrenica. segue...

(Lido di Camaiore, dalla collezione fotosferica Tirrenica360... )

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