L’Italia custodisce un ingente patrimonio minerario in cui sono stratificati valori identitari e memorie sociali da conservare e riqualificare a fini turistici-culturali. Miniere, cave, giacimenti da raggiungere in bici, tutto l’anno, lungo la futura ciclovia Tirrenica.
Miniere
Il nostro Paese rappresenta, a livello mondiale, uno dei luoghi dove maggiormente si è sviluppata la cultura e l’arte legata all’estrazione dei minerali. L’Italia conserva infatti un vasto e originale patrimonio industriale legato all’estrazione e lavorazione dei minerali, nonché un variegato patrimonio geominerario, a cui si aggiunge la storia mineraria più a lungo documentata. La Toscana, dopo la Sardegna, è la seconda regione con il maggior numero di siti.
(dettaglio Liguria-Toscana-Lazio della rete ReMi)
Proviamo ad avvicinarci a questo mondo nascosto, seguendo gli itinerari in bici che abbiamo raccolto lungo il Tirreno.
Percorsi in bici
Elenco dei percorsi in bici alla scoperta del passato di uomini e miniere lungo la futura ciclovia Tirrenica. Aiutateci ad arricchirlo con nuove proposte. segue…
In aggiunta, segnaliamo il “Percorso delle Miniere” al Capoliveri Bike Park dell’Isola d’Elba segue…
Approfondimenti
Testi elaborati da:
- “La rete nazionale dei parchi e dei musei minerari, viaggio nell’italia mineraria”, Ispra segue…
- “Storia industria mineraria italiana”, S.Santini segue…
(torre mineraria sul Monte Argentario, dalla collezione fotosferica Tirrenica360... )
Patrimonio dell’umanità
Il nostro Paese rappresenta, a livello mondiale, uno dei luoghi dove maggiormente si è sviluppata la cultura e l’arte legata all’estrazione dei minerali. L’Italia conserva infatti un vasto e originale patrimonio industriale legato all’estrazione e lavorazione dei minerali, nonché un variegato patrimonio geominerario, a cui si aggiunge la storia mineraria più a lungo documentata.
La storia mineraria italiana trova le sue origini tra le prime popolazioni italiche. I resti e le testimonianze di oltre ventotto secoli di attività estrattiva lungo la penisola (dai siti preistorici in Calabria alle miniere etrusche dell’Isola d’Elba, dalle miniere di zolfo siciliane alle cave di marmo nelle Alpi Apuane), costituiscono un patrimonio di dati scientifici, antropologici e storico-culturali assai elevato, con significative potenzialità divulgative e turistiche non ancora apprezzate appieno.
In Toscana, a Massa Marittima, nella metà del XIV secolo si pubblica il primo Codice Minerario, che ancora oggi nella sua essenza specifica, vige in quasi tutto il mondo.
I siti minerari rappresentano la tipica sintesi di patrimonio industriale, archeologico, culturale, storico e paesaggistico intorno alla quale si sono sviluppate aggregazioni sociali e comunità che hanno determinato le condizioni essenziali per la crescita economica e sociale del paese.
(estratto dal film omonimo dell’istituto Luce, girato nelle miniere di ferro dell’isola d’Elba, nello stabilimento Ilva di Porfoferraio e in quelli di Piombino e Bagnoli)
Il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, attribuisce al patrimonio minerario italiano la valenza di “bene culturale di interesse storico ed etnoantropologico”, quale perfetto connubio fra scienza e natura, fra uomo e ambiente. Non solo quindi ascrivibili alla dimensione tecnologica, ma anche altri profili interpretativi, quali quelli antropologico, sociologico e naturalistico, senza l’apprezzamento dei quali una piena comprensione dell’universo minerario è preclusa.
Oggi il paesaggio minerario è diventato sinonimo di “paesaggio culturale”, inteso come forma in costante evoluzione, determinata dalla continua interazione tra ambiente, tecnica e storia. Intreccio complesso di azioni umane passate (che ne hanno prodotto la morfologia attuale) e delle forze in atto (che ne determinano gli sviluppi futuri).
Il grande patrimonio minerario dismesso, per alcuni decenni, è però rimasto abbandonato a se stesso, senza intravedere alcuna possibilità sul suo futuro. Molte realtà sono state soggette a bonifiche per rispondere ad emergenze ambientali, ma complessivamente, non vi è stata una strategia nazionale capace di affrontare la gestione delle realtà minerarie dismesse, un piano nazionale capace di progettare o pianificare potenziali azioni da intraprendere nei siti minerari non più produttivi. Un’occasione storica persa, per dare spazio a idee e soluzioni e per intraprendere percorsi originali di valorizzazione ambientale ed economica dei territori.
Le miniere si collocano così alla frontiera di una nuova museografia, che sollecita la crescita di un pubblico diverso, in cerca di esperienza e non di osservazione passiva. Un pubblico che, con l’ausilio di efficaci strumenti di interpretazione, anela a misurare non solo la distanza che lo separa da un tempo trascorso (quello delle miniere), ma anche quanto di quel passato continui ad agire da forza attiva nel suo presente.
Industria mineraria italiana
dall’unità di Italia alla prima guerra mondiale
Al momento dell’Unità, l’attività mineraria era assai modesta. Il nuovo stato unitario considerò, fin dal 1870, la necessità di creare un’industria siderurgica moderna, già fiorente nel periodo Etrusco e Romano e soprattutto nel Medioevo.
L’ascesa della siderurgia moderna vide Piombino in prima linea, dove proseguiva la tradizione di Populonia. Il minerale di ferro proveniva ancora dall’isola d’Elba e dalla Maremma Toscana, dalla Val d’Aosta e dalla Sardegna. La produzione mineraria, prima totalmente esportata, venne utilizzata negli alti forni esistenti nel Regno. Nel corso della grande guerra ebbe inizio anche l’utilizzazione delle sabbie ferriere lungo tutta la costa della penisola, ove sfociano i fiumi provenienti da zone vulcaniche.
Diversi incidenti funestarono la storia delle miniere italiane. Il vertiginoso ritmo produttivo, non compensato da adeguati mezzi tecnici, causò gravi disastri minerali per il crollo di interi sotterranei. Nel 1881 accadde nelle miniere di ferro manganese del Monte Argentario. In provincia di Agrigento nel 1886 si verificò il crollo della miniera Mintinia Verdilio che provocò 68 morti e, nel 1887, si registrò un altro crollo nella miniera Fratepaolo con 30 morti. Forti sacrifici gravarono sui carusi e sui minatori siciliani, in un ambiente di lavoro completamente ostile per il gran caldo e l’insopportabile odore.
Nel 1902 entrarono in funzione gli altiforni di Portoferraio all’Isola d’Elba che, insieme a quelli di Piombino, di Follonica e di San Giovanni Valdarno, sostituiranno nel corso del XX secolo le vecchie ferriere nel trattamento dei minerali di ferro.
Una crisi mondiale di inaudita violenza imperversò dal 1929 al 1932 travolgendo le economie di ogni paese. Il marasma economico prodotto dalle devastazioni della guerra, mai sanate nel decennio successivo, esplose sotto forma di fulmineo crollo dei prezzi. Molte industrie dovettero sospendere la produzione rovesciando sul lastrico milioni di disoccupati. Poiché la produzione mineraria dipende dalla produzione industriale, la crisi imperversò su tutte le miniere e fece sentire i suoi effetti dirompenti anche sull’industria italiana.
Numerose miniere, specialmente le più povere, vennero abbandonate. In esse vennero trascurate persino le manutenzioni, col rischio di comprometterne l’eventuale futura ripresa.
Dal 1935, con l’inizio della guerra d’Africa e delle sanzioni, la politica autarchica diede nuova impulso all’industria minerale italiana. Tutti i settori minerali furono rivalutati per raggiungere l’obiettivo riassunto nello slogan: “bastare a noi stessi!”. Ma assurda era la convinzione che questa strategia dovesse durare in eterno, quando le risorse minerarie italiane, proiettate ai consumi futuri, non potevano certamente soddisfare questa ambiziosa utopia. Tuttavia, in questa euforia autarchica, il settore minerale italiano fu mobilitato ai massimi livelli produttivi.
Un notevole prodotto di questa industria fu l’enorme obelisco eretto al centro del Foro Italico, detto allora foro Mussolini. Tratto dalla cava della Carbonera (Carrara), ove attinsero per primi gli edili romani, la colonna risultò di 550 tonnellate in un blocco solo, lunga 17 metri. Per portarla dall’altitudine di 800 metri al mare, fu imprigionata in una gabbia, trascinata al piano lungo il ripido pendio a mezzo di funi in acciaio. Per raggiungere il mare, fu impiegata una teoria di 40 paia di buoi aggiocati al traino. Un galleggiante, battezzato “Apuano” e costruito appositamente con 150 tonnellate di ferro, fu destinato a trasportare il monolito sino alla foce del Tevere. Si volle così ripetere il fasto della Roma Imperiale.
Le delusioni belliche determinarono ben presto un regresso generalizzato dell’attività mineraria, fino al suo crollo avvenuto nel 1944 con l’abbandono pressocchè totale dell’attività produttiva.
Il ripristino delle vecchie miniere iniziò nel 1945 in condizioni certamente inadeguate alle difficoltà ed ai pericoli dovuti a sacche d’acqua pensili, accumuli di gas e fuochi latenti originati dal lungo periodo di abbandono. L’attività mineraria si sviluppò nuovamente nelle vecchie miniere e con la scoperta e la coltivazione di miniere nuove. Anche il settore dei minerali non metalliferi ebbe incremento produttivo notevole, specialmente nei comparti degli idrocarburi. Nel 1948 si ebbe un notevole sviluppo nei settori della siderurgia e della metallurgia dell’alluminio.
Il 4 maggio 1954 si verificò all’interno della miniera di Ribolla un tremendo scoppio di Grisù che causò la morte di 43 minatori. La violenza dell’esplosione, amplificata dall’angustia delle gallerie e dei cantieri, si propagò fino all’esterno a bocca di pozzo. Il recupero delle salme richiese 38 giorni di pericoloso lavoro. La miniera fu chiusa dopo alcuni anni e mai più riaperta. (ascolta il podcast)
Nel 1968 alcuni comparti toccarono i loro massimi assoluti ed altri si assestarono su buoni livelli produttivi. Solo per i minerali di ferro e di zolfo la produzione era già in avanzato declino.
Nel settore minero energetico fin dal 1926 era stata costituita l’AGIP, anche se nei suoi primi venti anni di attività non ebbe quei successi sperati, tanto che nell’immediato dopoguerra si pensò di liquidare l’azienda. Ad opporsi a tale operazione fu Enrico Mattei, allora commissario straordinario dell’Agip, per cui le ricerche continuarono con le vecchie sonde già in uso nell’anteguerra.
I primi successi si ebbero in Val Padana con la scoperta di diversi giacimenti. La produzione di metano, da soli 42 milioni di metri cubi nel 1945 passò a oltre 2 miliardi di metri cubi nel 1953, quando veniva istituito l’Eni che inglobò AGIP, ANIC, ROMSA e SNAM, estendendo la ricerca mineraria in Iraq Egitto, Somalia, Sudan, Libia, Tunisia, Marocco e Nigeria.
L’Italia, dal 1958 in rapida e forte espansione industriale, aumentò progressivamente la produzione di energia elettrica utilizzando sempre più il petrolio a scapito del carbone, in virtù dei costi inferiori. Il carbone italiano non poteva reggere la concorrenza dei carboni esteri e tantomeno quella del petrolio.
Nel 1963 fu istituito l’Enel, quando in Italia oltre un milione di abitanti (uno su quaranta) viveva ancora a lume di candela, nelle case dove l’energia elettrica non era ancora arrivata. Nel quadro della nazionalizzazione elettrica, il sempre maggiore utilizzo del petrolio causò il rapido declino produttivo e occupazionale nel settore del carbone, preludio alla sospensione produttiva decisa nel 1972, proprio alla vigilia della improvvisa crisi energetica. Da quel momento terminava l’attività produttiva e le miniere furono ridotte a sola manutenzione. In Sardegna, la centrale termoelettrica del Sulcis, costruita appositamente presso le miniere per essere alimentata a carbone, funzionò solo ad olio combustibile, più economico.
Tutti i giacimenti metalliferi si trovavano in stato di avanzate esaurimento fisico dovuto al calo dei tenori al di sotto dei limiti di economicità. I costi di estrazione aumentarono, non solo per la maggiore incidenza del costo della manodopera e degli oneri finanziari, ma anche per l’approfondimento delle coltivazioni delle residue, costi non compensati da una adeguata rivalutazione dei prezzi metalli.
La crisi energetica del 1973 trovò impreparata l’industria italiana ed europea. Prima che la crisi energetica facesse sentire i suoi dannosi effetti sul sistema economico europeo, il nostro paese aveva un certo peso minerario in sede comunitaria. Il periodo depressivo risultò molto più pesante dei precedenti perché aggravato dalla novità ecologica e dall’aumento dei costi di produzione.
I risultati economici delle imprese peggioravano gradualmente a causa di vari fattori negativi concomitanti: il naturale e progressivo impoverimento di molti giacimenti; l’aumento delle profondità delle coltivazioni; l’aumento del costo del lavoro e dei materiali di consumo. Fattori questi non compensati da analogo aumento delle quotazioni dei minerali. Mentre il minero energetico continuò nel suo slancio produttivo sorretto da adeguata attività di ricerca mineraria, altri settori, ad eccezione di alcuni comparti, entrarono in crisi, molti con l’abbandono delle miniere, altri con gestioni minerarie in grave perdita.
Tale situazione provocò la chiusura di numerose miniere e la recessione produttiva di altre. Cominciò l’Italsider con la chiusura delle miniere di ferro manganese dell’Argentario. Dal 1977 al 1981 toccò alle millenarie miniere di ferro dell’Isola D’Elba. Il declino si accentuava fortemente in ogni settore e l’inevitabile crollo avvenne nel corso del 1981, dando luogo alla quarta decadenza mineraria che la storia ricordi. Dopo le decadenze etrusche, dell’Alto Medioevo e del XVII secolo, quest’ultima si sta verificando in un periodo in cui consumi di materie prime minerarie sono in aumento per l’aumento della popolazione e delle sue esigenze.
Se le miniere italiane non sono più concorrenziali, potranno trovare nuova vita in un’ottica di valorizzazione turistica e culturale?
Giornata Nazionale Miniere
Oggi il patrimonio culturale viene concepito sempre meno come creazione di specialisti (intesi come arbitri di ultima istanza di ciò che è e di ciò che non è patrimonio), e sempre più come risultato di un processo di costruzione sociale in cui chi decide non sono più gli esperti, ma le comunità che eleggono ciò che è meritevole di protezione e valorizzazione in base a una propria scala di valori connessi alla salvaguardia della propria identità storica e della propria memoria sociale. Niente come il patrimonio minerario è oggi specchio di queste tendenze.
Esistono più di 3 mila siti minerari dismessi su tutto il territorio nazionale, un patrimonio naturale, di valore paesaggistico, storico-artistico, archeologico, industriale, di storia e cultura d’impresa del lavoro, con enormi potenzialità turistiche, culturali, sociali e di ricerca scientifica. La promozione del turismo minerario quale turismo responsabile e sostenibile, attento all’ambiente ed alle comunità, è quanto mai urgente ed attuale.
La “Giornata Nazionale delle Miniere”, dedicata alla memoria mineraria, nasce con l’obiettivo di promuovere le miniere “culturali”, in collaborazione con l’Associazione Italiana per il Patrimonio archeologico industriale (AIPAI).
Arrivata alla sua quindicesima edizione, la GNM rappresenta ormai un appuntamento fisso con un calendario nazionale di eventi minerari che percorre i comuni italiani da Nord a Sud.
L’offerta delle iniziative si presenta sempre più variegata: dalle visite guidate al trekking in miniera, dai convegni, workshop e seminari, ai concerti, alle mostre e agli spettacoli teatrali all’interno dei siti minerari. Ancora escursioni, anche notturne, in bicicletta, degustazioni, mercatini e persino occasioni per cercare l’oro, assistiti dagli esperti. I siti minerari, generalmente lontani da grandi centri urbani, rappresentano un elemento chiave nella valorizzazione turistica delle aree interne.
Rete ReMi
È con l’obiettivo di promuovere le “miniere culturali” che, nel 2015, nasce la ReMi, la Rete Nazionale dei Parchi e Musei minerari d’Italia. La Rete nazionale opera sull’intero territorio per favorire il recupero e la valorizzazione dei siti minerari dismessi promuovendo lo sviluppo del turismo minerario in Italia.
La ReMi ha creato, per la prima volta in Italia, un sistema di relazioni continuo tra istituzioni e gestori dei parchi e musei minerari, capace di mettere a giorno le problematiche comuni, nel tentativo di promuovere un settore che può essere volano di sviluppo economico per i territori, soprattutto se integrato con i circuiti dei cammini e vie storiche, dei borghi italiani, delle ferrovie turistiche, della mobilità dolce a piedi ed in bicicletta, dei luoghi dell’enogastronomia di qualità.
La Rete ReMi conta oggi 74 siti rappresentati, tra cui i quattro parchi minerari nazionali istituiti con Decreto-legge e la maggior parte delle realtà minerarie riconvertite ad usi museali e culturali. Tutte le aree geografiche e 14 regioni sono rappresentate, con la dominanza della Sardegna (19) seguita dalla Toscana (16) dalla Lombardia (8) e dal Trentino Alto Adige (6).
Passaporto delle Miniere
Il “Passaporto turistico REMI” si inserisce tra gli obiettivi della rete REMI che afferiscono al tema della comunicazione, finalizzati alla promozione dei temi della conservazione, tutela e valorizzazione del patrimonio minerario dismesso. Ha lo scopo di incoraggiare l’interesse per la conoscenza del territorio e creare opportunità per diffondere cultura e turismo sui temi del patrimonio minerario dismesso. Il turista visitatore ritirerà il libretto nei musei/Parchi/siti aderenti alla rete, da “riempire” con un timbro dei musei minerari visitati in Italia. Al completamento delle visite testimoniate nel passaporto, verrà riconosciuto un ‘premio’. segue…
Disegno di legge
Il Disegno di legge 1274/2018 “Disposizioni per la tutela e la valorizzazione dei siti minerari dismessi e del loro patrimonio geologico, storico, archeologico, paesaggistico e ambientale”, è la prima proposta concreta di cornice normativa mai elaborata in Italia.
Prende le mosse dalla considerazione che sul territorio nazionale è presente un ingente patrimonio minerario che deve essere conservato, riconvertito, riqualificato ai fini turistici-culturali dato che in esso si riconoscono valori che l’Italia tutela e valorizza ai sensi del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio.
Promuovere in tutto il Paese i temi della tutela, valorizzazione e riconversione del copioso patrimonio minerario dismesso, è in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile Goal 11 dell’ONU 2030 sulle città e comunità sostenibili, che intende pianificare il territorio in modo da proteggere e salvaguardare il patrimonio culturale e naturale.
Uomini e miniere
Per lungo tempo, nella coltivazione delle miniere, l’uomo poté fare affidamento solo sulla sua forza e sul suo coraggio. Moltitudini faticarono nelle viscere della terra, vi soffrirono e vi morirono per strappare all’oscurità i suoi tesori profondi. Crolli, inondazioni dei sotterranei o violente esplosione erano una continua minaccia. Questi drammatici eventi, che causarono innumerevoli infortuni mortali, devono essere ricordati in ossequio a quei minatori che nulla poterono contro le forze della natura. segue…
Extra
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