Chi non porta con sé il profumo della resina al sole? Chi non ha scrutato il cielo attraverso le chiome pungenti? Proviamo a raccogliere i percorsi che ci portano alla scoperta delle pinete del Tirreno.

“La coltura finiva in praterie distese, queste morivano in parziali ristagni d’acqua; poi bosco, piano arenoso ondulato con sopra immensi lecci isolati. Qui la strada avea termine, e m’inoltrai per un bosco di pini maestosi. Qual meraviglia! Liberi pasceano i cammelli. Solo cavalcavo. Già sentivo un rumore sconosciuto, uno sbattere uniforme; il bosco dei pini si vedea sempre più giovane e più rado, i tumuli dell’arena più elevati. Ecco una piaggia distesa … il mare” (Le memorie del granduca Leopoldo II di Lorena, 1824-1859)

Pinete

Testo estratto da “le pinete litoranee come patrimonio culturale” segue…

Le pinete litoranee italiane rappresentano i boschi tra i più amati, e ben raccontano, ornando le coste, l’identità del paesaggio nazionale, pur essendo il frutto per lo più di impianti artificiali, sia risalenti all’antichità, sia ai tempi più recenti.

Il pino stesso è diventato un simbolo dei boschi costieri e, di conseguenza, delle vacanze. Le pinete fanno parte dell’immaginario collettivo dell’ ambiente litoraneo, si associano alla nostra aspettativa di spiaggia, di bagni, di pic-nic che da sempre hanno accompagnato le nostre gite domenicali estive.

(raccolta di legna e pigne)

Per millenni, la costa tirrenica è stata largamente dominata dall’acqua stagnante, dall’incolto e dal bosco. La realtà sanitaria e ambientale si trasforma sul finire del XVIII secolo con le operazioni della bonifica e della successiva colonizzazione agraria.

Gli interventi idraulici crearono, allora, le premesse del graduale abbattimento di buona parte della macchia originaria e della moderna trasformazione territoriale. Spesso la consegna di terre bonificate era legata all’impianto di pinete frangivento: il pino marittimo veniva seminato o piantato sulla prima fascia costiera, esposta ai venti marini, il pino domestico più all’interno, protetto dal primo.

La pineta difende dai venti marini i terreni bonificati dalla palude e trasforma dune sabbiose in aree produttive per il pascolo, i pinoli, la resina, il legname.

“Le pinete occupano molte leghe quadrate e producono migliaia e migliaia di sacca di pinoli, che si vendono all’estero con grande profitto (…); i gusci di questa mandorla s’impiegano come combustibile, e le pine aperte si usano per accendere il fuoco. Il carattere di quelle pinete popolate di vacche selvatiche, daini, cignali volatili di ogni genere, e dal dromedario affricano è veramente bello, singolare e caratteristico. Esse formano un riparo eccellente al malefico influsso dei venti marini, in modo che la loro conservazione resa necessaria dalla qualità del terreno, deve riguardarsi altresì come cosa di suprema importanza, per l’economia rurale di tutta la pianura Pisana.” (Giuseppe Toscanelli)

(raccolta delle pigne)

Con il passare del tempo, finiscono per prevalere i fattori estetico-culturali, paesaggistici e ricreativi: come esemplarmente dimostra l’avvio della costruzione – a partire da Viareggio e già prima dell’Unità – di tante ville signorili nella fascia dei tomboli.

Dei pinoli si faceva grande uso in Italia, almeno nella seconda metà del XVIII secolo. Erano considerati un alimento dall’alto valore nutritivo. Nel secondo dopoguerra, solo a Migliarino ben 180 operai erano occupati alla raccolta, alle lavorazioni successive (vagliatura, estrazione pinoli, trasporto) e alla coltivazione delle pinete e opere accessorie: manutenzione dei fossi, protezione delle semine (durante le prime settimane le zone seminate venivano sorvegliate giorno e notte per tenere lontani i cinghiali), potature e tagli.

Molti erano i mestieri legati alle pinete: il pinolaio si arrampicava sui fusti e staccava le pigne con uncini inseriti in lunghe pertiche; il raccattino restava a terra per raccogliere le pigne ancora chiuse. Compito del ruscolatore era la raccolta delle pigne rimaste inavvertitamente sui pini. Dopo la raccolta il lungo processo di trasformazione richiedeva la stesa delle pigne al sole per l’apertura (in piazzali dette “mandrie”) e numerosi altri passaggi, e personale, per giungere al pinolo e poi alla mandorla sgusciata.

Nel bosco poi vi erano altre attività complementari necessarie ad assicurare la massima produttività, compresa quella dei ghirai, addetti alla caccia “di massa” dei ghiri, temuti predatori dei coni.

(Marina di Massa)

Per molte generazioni le pinete hanno rappresentato una fonte essenziale di sostentamento, quasi come i castagneti in montagna. Ecco perché si può dire che l’affetto quasi viscerale della popolazione locale per la pineta radica nella funzione vitale per la sopravvivenza che hanno avuto le pinete di domestico, sedimentata e trasmessa di generazione in generazione, anche ora che la cultura rurale è diventata marginale.

Fotoracconto

(alcuni scatti pedalando nelle pinete del Tirreno)

Elenco dei percorsi

Il Tirreno custodisce un immenso patrimonio di pinete da  scoprire in sella alla bici. Diverse tappe TirrenicaZERO permettono di andare alla scoperta di questi paradisi d’ombra, particolarmente preziosi durante la stagione calda. Di seguito proviamo un primo elenco.


(Bandite di Scarlino, dalla collezione fotosferica Tirrenica360... )

  • Parco di San Rossore a Pisa: un’area protetta che si sviluppa da Viareggio a Calambrone. Diversi sono i paesaggi attraversati: spiagge, dune, foreste, paludi e corsi d’acqua, paesaggi agricoli ed aree urbane.  segue…
  • Tombolo di Cecina e Parco di Rimigliano: La storia della pineta ebbe inizio nel 1839 quando il Granduca di Toscana Leopoldo realizzò a proprie spese un imboschimento di pino domestico, lungo il litorale oggi interessato dalla Riserva. segue…
  • Parco della Sterpaia:  Il Parco Costiero della Sterpaia è un ambiente incantato dove inoltrarsi in un bosco di querce centenarie fino a scoprire, al di là delle dune, la bellezza del mare. Basta uno sguardo per perdersi nel riflesso cristallino dell’acqua che bagna una spiaggia di sabbia chiara e finissima delimitata da un’ombrosa pineta. segue…
  • Bandite di Scarlino: la Riserva Naturale delle Bandite raggiunge quasi 9000 ettari di profumata e rigogliosa macchia mediterranea. Nota anche come le “Bandite di Scarlino”, con cui si nominavano i frequenti bandi che venivano indetti, in passato, per vendere porzioni di bosco.  segue…
  • Diaccia Botrona a Grosseto: La Riserva naturale Diaccia Botrona si estende su oltre mille ettari di territorio ed è considerata la più significativa area umida italiana (dal ’91 riconosciuta anche di importanza internazionale). Istituita nel ’96, è ciò che rimane dell’antico Lago Prile, che arrivò ad occupare 50 chilometri quadrati e fu prosciugato nel XIX secolo. segue…
  • Parco della Maremma: Il paesaggio naturale del Parco è caratterizzato da una varietà di ecosistemi dove trovano l’habitat ideale una incredibile quantità di specie vegetali ed animali: le dune, la macchia mediterranea, i boschi di lecci e le aree pinetate, sino alle zone umide e le aree di pianura.  segue…
  • Tombolo della Feniglia ad Orbetello: La riserva si sviluppa lungo una duna di diversi chilometri, che separa il mare aperto dalla laguna di levante di Orbetello, collegando l’Argentario con Ansedonia. segue…
  • Castel Fusano a Roma: la pineta nei pressi della foce del Tevere, è la più ampia area verde di Roma e dal 1996 fa parte della Riserva naturale Litorale romano. Castel Fusano nel 1933 diventa il grande parco di Roma, meta giornaliera di migliaia di persone. segue…
  • l’elenco completo dei percorsi che coinvolgono pinete segue…

Tour360 Feniglia

Dalla collezione di foto sferiche Tirrenica360 scattate pedalando lungo la costa Tirrenica  e all’interno della cornice dei Tour360,  il tour immersivo dedicato alla laguna di Orbetello e al Tombolo della Feniglia. segue…

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Approfondimenti

Dune e Pinete

Testo estratto da Gli habitat delle coste sabbiose italiane,  ISPRA 2015

Sui litorali in buono stato di conservazione si può riconoscere una ben definita zonazione (o sequenza) della vegetazione in cui si susseguono comunità vegetali con ben definiti caratteri floristici, fisionomici, strutturali ed ecologici. Lungo la zonazione dunale costiera troviamo i seguenti habitat: spiaggia emersa, dune embrionali e della duna non consolidata, versante interno della duna non consolidata e della duna fissa.

(da Liferedune)

In Italia le pinete  occupano il settore dunale più interno e stabile  e sono il frutto dell’opera di rimboschimento dell’uomo, in sostituzione dei boschi a querce sempreverdi,   impiantate in tempi diversi  e ormai diventate parte integrante del paesaggio costiero italiano.

Storicamente le pinete costiere sono state create e mantenute dall’uomo per diversi scopi, tra i quali la necessità di difendere dai venti marini i terreni coltivati retrostanti, la produzione di pinoli e l’utilizzo del legname e della resina. In alcune regioni d’Italia sono presenti pinete di interesse storico che hanno assunto valore culturale, paesaggistico, ma anche ecosistemico. In Italia sono poche le pinete ritenute naturali, tra queste in Sardegna le formazioni a Pinus halepensis del Golfo di Porto Pino, o quelle a Pinus pinea di Portixeddu-Buggerru.

Il Pino domestico si adatta ai suoli, preferendo quelli freschi e sabbiosi ed evitando quelli con ristagni umidi. Arriva fino a 200 anni e oltre di età, ma solitamente le pinete artificiali vengono rinnovate dopo 100 anni circa, quando comincia a diminuire la produzione di pigne da pinoli e le piante ad essere facilmente soggette a marciumi radicali e del legno.

(la pineta di Castel Fusano a Roma)

L’areale del pino domestico è tipicamente mediterraneo. La sua distribuzione è considerata frutto di esigenze culturali, tese a sfruttare prevalentemente la produzione di pinoli. La maggior parte dei popolamenti ad oggi presenti sono quindi da considerare di origine artificiale.

Nel Lazio la sua presenza è documentata a partire dall’epoca romana. Attualmente dalla costa, dove è presente in numerose pinete litoranee, si spinge all’interno  risalendo le colline fino a 600 metri.

(Follonica, 1972)

La pineta presenta delle criticità ecologiche, dovute al fatto che essa è essenzialmente una realizzazione antropica, e la mancata gestione può determinare situazioni di instabilità.

Le cause di possibile decadimento sono legate ai periodi di siccità (sempre più estremi e frequenti), e alla pressione antropica, che si massimizza nel periodo estivo.

(Tombolo di Cecina, dalla collezione fotosferica Tirrenica360... )

La pioggia nel pineto

Non s’ode voce del mare.
Or s’ode su tutta la fronda
crosciare
l’argentea pioggia
che monda,
il croscio che varia
secondo la fronda
più folta, men folta.

 

Incendi e Canadair

Testo estratto dal post di Mario Giardini su “Noi soccorritori

Quando gli vai vicino, ti accorgi che è veramente un aereo brutto. Sporgenze, asperità, angoli, rivetti a profusione, vernice dello scafo scrostata dai mille ammaraggi, dadi e viti che sporgono allegramente qua e là. E l’ala, alta, che non mi piace per niente.  Chi sarebbe questo mostro? E’ il Bombardier Amphibious 415, noto da noi con il nome di Canadair. Vecchio nome, in quanto la Canadair Aircraft non esiste più: fu incorporata dalla Bombardier nel 1991, se non vado errato.

Il vecchio modello, il CL 215, era stato concepito nel lontano 1960, in Canada, per combattere il fuoco cui andavano soggette le sterminate foreste di quel Paese. Unico aeroplano al mondo che sia stato progettato espressamente per volare sugli incendi e combatterli. E’ una macchina  capace di imbarcare un totale di circa 6200 litri di acqua e ritardanti. Ma lo fa in una maniera molto speciale: ammarando su uno specchio d’acqua e, senza fermarsi, dopo avere riempito i serbatoi, ridecollando sullo slancio. Credo che alla maggior parte delle persone sfugga la pericolosità di questa manovra.

L’aereo si predispone all’ammaraggio. Ciò significa ali livellate, perfettamente livellate. Bisogna scegliere accuratamente la traiettoria rispetto alle onde. Perché basta un’onda di mezzo metro, presa male, per rovesciarsi, essendo questa una manovra che si fa ad una velocità di circa 166 e rotti km/h. Nel momento in cui lo scafo tocca l’acqua, il pilota apre una serie di paratie poste nella fusoliera. Risultato: in 7-10 secondi si imbarcano oltre 6000 litri d’acqua, l’aereo si appesantisce di più di 6 tonnellate, il pilota ridà tutto motore e ridecolla, diretto all’incendio.

Arrivato sull’area d’intervento,  plana sul fuoco, e sgancia il carico. Semplice? Per niente. La velocità di stallo del Canadair, full flap, è di 68 nodi. L’aria sopra un incendio è calda, turbolenta, quasi sempre piena di fumo. A causa della ridotta densità dell’aria, la portanza dell’aereo, cioè la forza che lo mantiene in volo, si riduce, talvolta drasticamente. Inoltre, se l’aereo è in virata, la velocità di stallo aumenta. Il risultato di tutto ciò è che 105 nodi potrebbero non bastare a generare una portanza pari al peso dell’aereo, che stalla. Siccome si è vicini al terreno, non c’è la quota ed il tempo necessari per rimediare allo stallo. Se s’innesca una vite, è anche peggio. Accade? Sì, purtroppo. E accadrà ancora. Tutte le attività umane sono, in qualche modo, pericolose. Questa è particolarmente pericolosa.

(foto da sangavinomonreale.net)

Pilotare un Canadair antincendio è dunque, un mestiere difficile, pericoloso, e, mi risulta, non remunerato abbastanza. Per chi abita a Roma non è infrequente vederli sul lago di Albano. D’inverno, per il training. D’estate, per imbarcare acqua. Albano è un lago sulla bocca di un vulcano (spento, si spera) dal diametro di circa 3 Km. Tutto intorno, pareti rocciose circondano il lago, alte da 90 a 120 m sulla superficie dell’acqua. Per rendersi conto: immaginate di decollare dalla pista 25 di Fiumicino e di vedere, prima della fine della pista, un edificio di 40 piani. Il Canadair di solito arriva lasciando a destra Castelgandolfo, si tuffa verso l’acqua, viene tirato in su, “galleggia” cioè sfrutta l’effetto suolo per tre-quattrocento metri, tocca la superficie, imbarca 5 tonnellate d’acqua in pochi secondi.

Quando ridà potenza i motori sembra che l’intera struttura stia andando in pezzi, e poi, siccome non ce la farebbe a superare l’ostacolo costituito dalla parete della montagna, vira e sale. Lentissimamente. Forse un 200 piedi al minuto, cioè un niente. In questa lunghissima virata a salire basta poco per ammazzarsi. L’aereo ha un alto angolo di incidenza e vola a bassa velocità, quindi è vicinissimo allo stallo; è al peso massimo, con i motori al massimo, per giunta a bassa quota, con un ostacolo di fronte e di lato, ed impossibilitato ad invertire la rotta causa peso e bassa velocità. Un calo di potenza o un aumento sia pur modesto dell’angolo d’incidenza e… fine. Insomma, ci vogliono attributi grandi come il Pan de Azucar per fare, come fanno questi piloti, decine di missioni al giorno. E tutto questo coraggio, questa abilità, questo sangue freddo, queste macchine brutte ma al tempo stesso bellissime, per che cosa vengono impiegate? Per spegnere, 97 volte su cento (in Italia), incendi appiccati da piromani.

Extra

Bonifiche in Italia

> La lotta alla malaria per la sopravvivenza umana e il recupero produttivo del suolo hanno rappresentato nell'Italia Centrale i moventi di una secolare attività bonificatrice. Le ristrette pianure alluvionali litoranee, infatti, nei secoli sono state soggette al ristagno delle acque. Un immenso deposito di fatiche, conquistato dall'uomo una stagione dopo l'altra. segue... 

Percorsi tematici

> Il Tirreno è un teatro che racconta mille incontri. Le memorie storiche si intrecciano con gli scenari naturali, imprimendo a terra tracce da rievocare, un pedale alla volta. Seguendo in bici il mare e i suoi tematismi. Spiagge, fari, pinete, zone umide, promontori, miniere, …. quante storie siete pronti ad ascoltare? segue...

Letture

> Mostri marini, saline, bonifiche, colonie estive, divinità, boom economico, idrovolanti, ferrovie, .... Storie impigliate sotto costa o affondate in alto mare, sferzate dai venti o cullate dalle onde. Tante letture da sfogliare in compagnia del Tirreno. segue...

Il vostro contributo

> Innamorat@ anche voi delle pedalate vista mare? Date una occhiata al progettoZERO e alla squadra operativa. Partecipate con passaparola, proposte, feedback, ... Le amministrazioni non vedono le potenzialità di un percorso ciclabile lungo il Tirreno? Mostriamo loro il contrario. Facciamo conoscere insieme la bellezza delle nostre coste. segue...

(Monumento naturale La Frasca, dalla collezione fotosferica Tirrenica360... )