Spiagge da raggiungere in bici, meraviglie da scoprire, ecosistemi da proteggere, tutto l’anno, lungo la futura ciclovia Tirrenica.

Spiagge

Cosa sarebbe un mare senza una spiaggia? Al termine di un temporale o all’avvicinarsi di un tramonto, tra un bagno  rinfrescante e una passeggiata sul bagnasciuga. Che sia in piena estate o d’inverno. Profumi e cantilene che portiamo dentro una generazione dopo l’altra.  Diversi itinerari in bici lungo la futura ciclovia Tirrenica ci permettono di avvicinare la meraviglia dei granelli di sabbia.

Quando scendiamo verso la linea di costa, entriamo in un mondo antico come le stesse terre emerse:
il luogo primordiale dell’incontro tra gli elementi della terra e dell’acqua,
un luogo di compromesso, conflitto ed eterno mutamento.”
Rachel Carson

Fotoracconto

(alcune spiagge incontrate in bici lungo il Tirreno)

Vedete lì, dove l’acqua arriva… sale sulla spiaggia poi si ferma… ecco, proprio quel punto, dove si ferma… dura proprio solo un attimo, guardate, ecco, ad esempio, lì… vedete che dura solo un attimo, poi sparisce, ma se uno riuscisse a fermare quell’attimo… quando l’acqua si ferma, proprio quel punto, quella curva… è quello che io studio. Dove l’acqua si ferma.
— E cosa c’è da studiare?
— Be’, è un punto importante… a volte non ci si fa caso, ma se ci pensate bene lì succede qualcosa di straordinario, di… straordinario.
— Veramente?
Bartleboom si sporse leggermente verso la donna. Si sarebbe detto che avesse un segreto da dire quando disse
— Lì finisce il mare.
Il mare immenso, l’oceano mare, che infinito corre oltre ogni sguardo, l’immane mare onnipotente – c’è un luogo dove finisce, e un istante – l’immenso mare, un luogo piccolissimo e un istante da nulla.

(Oceano mare, Baricco)

Percorsi in bici

Elenco dei percorsi in bici alla scoperta delle spiagge lungo la futura ciclovia Tirrenica. Aiutateci ad arricchirlo con nuove proposte.  segue…

(Saline di Tarquinia, dalla collezione fotosferica Tirrenica360... )

Spiagge
Immense ed assolate
Spiagge già vissute
Amate e poi perdute
In questa azzurrità
Fra le conchiglie e il sale
Tanta la gente che
Ci ha già lasciato il cuore

(Renato Zero)

Approfondimenti

Testo elaborato da:

Tesori da scoprire

Le spiagge e le dune costiere sono forme di accumulo di materiale sabbioso, costituitesi principalmente per azione eolica. Si tratta di un ambiente di transizione e di scambio per eccellenza, per di più altamente dinamico, alla cui morfologia contribuiscono moltissimi fattori. I sedimenti, di origine sia alluvionale che marina, sono continuamente sottoposti all’azione combinata di molteplici agenti fisici, chimici e biologici, fondamentali per la genesi e la strutturazione delle dune. Il continuo rimodellamento è soggetto a meccanismi evolutivi a breve, medio e lungo termine. Gli agenti che ne determinano le transizioni temporali sono di natura geologica e geomorfologica (peculiarità delle rocce da cui derivano i sedimenti delle spiagge, apporto fluviale e azione delle maree), climatica (venti, irraggiamento solare, moto ondoso) e biologica (attività degli organismi che vivono in questi ambienti).

Una delle caratteristiche più importanti di questo ambiente sono i forti gradienti ambientali, poiché dalla linea di riva, verso l’interno, si osservano notevoli e rapidi cambiamenti dei fattori abiotici. L’aerosol marino e gli effetti del vento e della salsedine diminuiscono progressivamente d’intensità andando dal mare verso l’entroterra, mentre la quantità di materia organica, di umidità e di nutrienti nel suolo hanno un andamento opposto

Le specie vegetali delle dune (definite psammofile da  psammos = sabbia)  hanno un ruolo fondamentale nell’edificazione, nella stabilizzazione e nell’evoluzione geomorfologica dei sistemi dunali costieri.  La vegetazione esercita infatti un’azione di ostacolo al trasporto eolico, favorendo l’accumulo dei sedimenti sabbiosi e impedendo il loro continuo avanzamento verso l’entroterra.

Allo stato di conservazione degli habitat costieri dunali è strettamente legato quello di altri habitat di estrema importanza, come le aree umide retrodunali, le lagune e i laghi costieri, le foci dei fiumi, ma anche, in ambiente sommerso, le praterie di Posidonia oceanica, tutti ambienti che, oltre al valore strettamente ecologico, hanno notevole valore economico diretto e indiretto, per i servizi che svolgono.

(foce del Mignone, dalla collezione fotosferica Tirrenica360... )

Minacce

I litorali sabbiosi e le dune ad essi associate sono ambienti fragili, perchè i forti gradienti ambientali e le generali condizioni limitanti che caratterizzano i litorali sabbiosi rappresentano un forte ostacolo per l’insediamento della vegetazione. Le piante che colonizzano i sistemi dunali costieri devono perciò essere capaci di vivere in condizioni estreme e in apparenza insostenibili.

Le specie vegetali delle dune  sono dotate di adattamenti fisiologici e morfologici particolari, che permettono loro di crescere sulle sabbie e sopravvivere in un ambiente così limitante. La presenza di adattamenti morfologici e fisiologici così complessi e quindi di una specializzazione così spinta fa sì che le specie che vivono in questi ambienti spesso non siano in grado di sopravvivere in condizioni ambientali diverse. Si tratta quindi di specie con elevatissima specificità ecologica. Se tali ambienti, già fortemente minacciati, dovessero scomparire, scomparirebbero anche queste specie, con conseguenze difficilmente reversibili.

Gli ecosistemi dunali costieri sono ambienti di transizione tra terra e mare ed osservatori preziosi per i ricercatori che svolgono studi sugli effetti ecologici dell’uso del suolo e del riscaldamento climatico su comunità e specie vegetali e animali. La loro collocazione di avamposto tra fondali marini e pianure o rilievi della terraferma, rende infatti questi ecosistemi esposti a rapidi cambiamenti strutturali e funzionali causati da disturbi naturali e antropici, che spesso si verificano nell’arco di pochi anni.

Il Mediterraneo è un centro eccezionale di biodiversità, ma anche un’area popolata da più di 450 milioni di abitanti e soggetta a intense attività antropiche. In questo contesto gli ambienti delle coste sabbiose sono sottoposti a molteplici forme di pressione antropica, associate soprattutto allo sviluppo turistico.

(Serapo a Gaeta in TirrenicaExtra, dalla collezione fotosferica Tirrenica360... )

Proprio per tutelare gli ecosistemi costieri nel loro complesso, con tutte le specie animali e vegetali che li abitano, a livello europeo la Direttiva 92/43/CEE (dalla quale si è originato il processo di costruzione della rete di aree protette Natura 2000) include nelle liste di habitat da conservare moltissimi habitat tipici delle dune costiere dei litorali europei.

Negli ultimi 50 anni il fenomeno del degrado e della perdita degli ambienti dunali ha interessato tutti i Paesi dell’Unione Europea ed è stato particolarmente intenso in quelli che si affacciano sul Bacino del Mediterraneo, considerato uno dei global biodiversity hotspots, individuati sulla base della ricchezza di specie e del tasso di perdita di habitat.

In Italia gli habitat costieri di interesse comunitario sono attualmente tra i più minacciati a scala nazionale (dune marittime delle coste mediterranee, scogliere marittime e spiagge ghiaiose, paludi e pascoli inondati mediterranei), con il 40% in stato di conservazione inadeguato e il 46,7% in stato di conservazione cattivo.

In Italia, almeno fino al XIX secolo, questi ecosistemi erano quasi sempre sfuggiti alla distruzione diretta, poiché le attività antropiche sulle coste erano rimaste concentrate per secoli presso le foci dei fiumi o entro baie protette. Successivamente, durante il XX secolo, i litorali sabbiosi sono stati sottoposti a numerose minacce, dal momento che il turismo balneare di massa e l’urbanizzazione sono enormemente aumentati.

(Lido di Camaiore, dalla collezione fotosferica Tirrenica360... )

La costante crescita d’interesse per lo sfruttamento turistico dei litorali determina continue costruzioni/ampliamenti degli impianti per la balneazione, di strade e parcheggi, di accessi alle spiagge, spesso non inseriti in un piano regolatore. Urbanizzazione diffusa e incontrollata, costruzione di infrastrutture turistiche, attraversamento delle dune con mezzi a motore, calpestio dei bagnanti, campeggi abusivi, abbandono di rifiuti solidi, pulizia meccanica delle spiagge, introduzione di piante esotiche a scopo ornamentale, a ci si aggiungono drenaggi, opere artificiali di difesa costiera, estrazione di materiali, ecc..

Dal secondo dopoguerra gli insediamenti antropici si sono infatti diffusi ampiamente, e spesso in modo del tutto incontrollato, arrivando ad interessare anche l’intera fascia costiera. Come conseguenza di ciò in gran parte delle coste italiane l’urbanizzazione, nei suoi molteplici aspetti, ha ormai completamente alterato o del tutto eliminato il paesaggio dunale. In corrispondenza dei settori costieri, dove l’intensità della pressione antropica è molto elevata, la vegetazione spontanea è spesso completamente scomparsa e le conseguenze sull’ecosistema possono diventare irreversibili.

(Rio 3 denari, dalla collezione fotosferica Tirrenica360... )

L’attraversamento delle dune da parte di bagnanti e motoveicoli provocano la perturbazione degli equilibri che regolano la formazione delle dune costiere. Un calpestio non molto intenso agisce favorendo in particolare le specie annuali, che riescono a germinare e a compiere il loro ciclo vitale più velocemente, a scapito delle specie perenni che, al contrario, hanno bisogno di tempo per lo sviluppo dell’esteso sistema radicale che le caratterizza e che aiuta a stabilizzare il substrato sabbioso.

La pulizia e lo spianamento della spiaggia e dell’avanduna effettuati con mezzi meccanici, finalizzata allo sfruttamento turistico dell’arenile e alla pulizia necessaria per il costante accumulo di rifiuti solidi, altera la morfologia della spiaggia, determina la totale rimozione delle comunità vegetali pioniere e, venuta meno la loro azione protettiva, danneggia anche gli habitat retrostanti. Il livellamento oltre ad alterare profondamente la morfologia, distrugge estese porzioni di vegetazione dunale, interrompendo la continuità della zonazione costiera e, in molti casi, determinando la completa scomparsa delle comunità vegetali.

(Golfo di Baratti, dalla collezione fotosferica Tirrenica360... )

Opere marittime e di difesa

Il tema delle coste sembra essere affrontato ancora con una concezione di “difesa” ormai decisamente superata e fatta di opere rigide contro l’erosione, come scogliere artificiali, pennelli frangiflutti e dighe marine che, come provato su molti litorali, modificano inevitabilmente le correnti marine e spostano semplicemente il problema su altri tratti costieri. Si tratta di soluzioni temporanee che necessitano di ulteriori interventi, e finanziamenti, nel giro di pochi anni. Questo anche per via dell’assenza di un coordinamento sulle azioni da intraprendere o di studi approfonditi delle dinamiche sui territori costieri, senza alcuna verifica successiva dei risultati prodotti.

Molto spesso, come purtroppo accade per il dissesto idrogeologico, ci ritroviamo a parlare di progetti per decine o centinaia di milioni di euro senza andare a sradicare i problemi che generano l’erosione costiera: l’impoverimento dei suoli nelle fasce collinari e montane dovute ad attività produttive ed estrattive, che impediscono un apporto naturale di sedimenti a mare; la presenza di infrastrutture e la cementificazione delle aree fluviali, che provocano uno scorrimento delle acque superficiali troppo veloce (e spesso con conseguenze drammatiche in caso di piogge eccezionali); la creazione di invasi artificiali; l’ampliamento di aree urbane e la saldatura di centri di medie dimensioni che hanno portato all’edificazione e artificializzazione delle coste stesse.

(Vecchio Faro di Fiumicino, dalla collezione fotosferica Tirrenica360... )

La pianificazione e la gestione di aree particolarmente esposte ai fenomeni erosivi devono invece essere orientate a creare spazi per l’esplicarsi naturale delle dinamiche marine e a ridurre o evitare i possibili danni diretti ai beni esposti a eventi meteo-marini. Al contempo, rappresentano un’opportunità di riqualificazione delle strutture balneari per il rilancio del turismo marino-costiero e per l’incremento della sua sostenibilità, non solo ambientale, ma anche economica e sociale.

Le misure per la riduzione della vulnerabilità e del rischio costiero includono la conservazione delle morfologie costiere nelle aree meno interessate da processi di antropizzazione, la ricostituzione di elementi di naturalità e dell’apparato morfologico e vegetazionale del cordone dunoso – laddove possibile – nelle zone urbanizzate, la pedonalizzazione dei lungomare, per consentire la continuità tra l’arenile e l’edificato retrostante, il trasferimento del traffico veicolare su tracciati alternativi, il mantenimento e, quando possibile, il ripristino dei varchi tra l’entroterra e il mare.

Concessioni e libera fruizione

L’accesso alla spiaggia è, in teoria, un diritto sancito da Leggi dello Stato, ma troppo spesso negato. La legge non solo garantisce l’accessibilità all’ultimo lembo di spiaggia, ma vieta tassativamente qualunque richiesta di denaro per consentirne l’accesso.

In Italia non esiste una norma nazionale che stabilisca una percentuale massima di spiagge che si possono dare in concessione. Alcune Regioni sono intervenute fissando valori limite, ma poche sono quelle che hanno attuato provvedimenti davvero incisivi e con controlli a tutela della libera fruizione. In alcune regioni quasi il 70% delle spiagge è occupato da stabilimenti balneari. Talvolta rimangono liberi solo pochi metri spesso alle foci di torrenti o, peggio ancora, di canali, in aree degradate. Alcuni degli stabilimenti più esclusivi e cari pagano cifre irrisorie a fronte di guadagni enormi, altri hanno le concessioni scadute da tempo, ma continuano a occupare con muri e ombrelloni. In gran parte delle aree costiere di regioni come Lazio e Campania, si assiste a situazioni incredibili, in cui l’illegalità diffusa non permette ai cittadini di usufruire gratuitamente delle spiagge, vengono installate cancellate che impediscono l’accesso ad ampie porzioni di costa. Ad Ostia, porzione litoranea del Comune di Roma, si trova una delle situazioni più eclatanti in Italia: 61 stabilimenti su 13,8 km di costa. Per 3,45 km nel tratto più urbano è stato costruito un muro che rende impossibile persino vedere il mare, oltre che accedervi.

L’affidamento delle concessioni balneari stabilito tramite bandi di gara non è più rinviabile. Ogni anno si susseguono studi e ricerche sul numero di concessioni per stabilimenti balneari che mostrano dimensioni e risultati diversi. Una situazione inammissibile se si pensa di risolvere veramente le questioni di gestione dei litorali italiani. Quello della trasparenza e completezza dei dati è un problema serio, soprattutto perché riguarda aree che, ricordiamolo, appartengono al demanio dello Stato.

Concerti

La polemica sui concerti in spiaggia offre lo spunto per raccontare la fragilità degli ambienti costieri.

“Le spiagge e le dune sabbiose costiere rappresentano senz’altro, su scala mondiale, uno degli ambienti naturali più interessanti dal punto di vista ecologico e paesaggistico, ma costituiscono
nello stesso tempo ecosistemi tra i più vulnerabili e più gravemente minacciati. Il fenomeno del degrado e perdita del paesaggio dunale ha interessato praticamente tutti i Paesi costieri dell’Unione Europea, in particolare le coste del Mediterraneo. In Italia le tipologie di habitat che mostrano il peggior stato di conservazione sono proprio le dune marittime interne e gli habitat costieri.” (dal  rapporto di Parchi Lazio)

Dune e pinete

Sui litorali in buono stato di conservazione si può riconoscere una ben definita zonazione (o sequenza) della vegetazione in cui si susseguono comunità vegetali con ben definiti caratteri floristici, fisionomici, strutturali ed ecologici. Lungo la zonazione dunale costiera troviamo i seguenti habitat: spiaggia emersa, dune embrionali e della duna non consolidata, versante interno della duna non consolidata e della duna fissa. segue…

Colonie estive

Le aree costiere italiane sono luoghi di forte complessità, dove oltre alla eccessiva pressione insediativa, è possibile incrociare degrado, obsolescenza, abbandono e spazi poco sicuri. Il turismo balneare rappresenta una delle cause principali, se non la più evidente, all’origine di queste condizioni. Il nostro Paese ci ha abituati, purtroppo, ai tanti ecomostri, cresciuti soprattutto lungo il litorale, e nati proprio per soddisfare esigenze turistiche: grandi alberghi, villaggi, insediamenti abusivi, stabilimenti, porticcioli e strade litoranee hanno ricoperto di asfalto e cemento ettari ed ettari di luoghi di pregio, hanno privatizzato spiagge libere e aree dunali, hanno distrutto zone umide e lunghi tratti costieri un tempo ricoperti da macchia mediterranea. Molto spesso a discapito del patrimonio storico, in parte aggredito dalle logiche del mercato, in parte abbandonato per la noncuranza di politiche e amministrazioni o per differenti strategie di mercato che hanno privilegiato la costruzione del nuovo rispetto al recupero dell’esistente.

Tra gli oggetti che costellano le nostre coste, vi sono le colonie marine, un importante patrimonio edilizio – violentato dai fatti economici e dalla speculazione edilizia del secolo scorso – che in Italia rappresenta l’esplosione del fenomeno del turismo balneare ad opera del Fascismo. Erano anni in cui in Francia e in Inghilterra si conferiva, soprattutto agli edifici pubblici, un’impronta uniforme, mentre in Italia si scatenava la fantasia dei progettisti per rendere le colonie un punto di osservazione molto particolare: facendo risaltare soprattutto l’effetto scenografico, ovvero, producendo edifici “a forma di” navi, locomotive o aerei. Gli edifici acquisirono una monumentalità in grado di stupire e di lasciare l’impressione che il regime si prendesse cura dell’infanzia in maniera non banale. Non a caso le riviste specialistiche degli anni Trenta sottolineavano che lo scopo era quello di dare ai piccoli ospiti un ricordo delle strutture, ovvero che rimanesse indelebile nella loro memoria lo spazio in cui avevano trascorso le vacanze.

(la colonia Agnelli a Marina di Massa)

La progressiva attrattività del mare determinò, tra gli anni Cinquanta e Sessanta, un passaggio da un turismo balneare elitario a un turismo di massa, utilizzando la costa come uno dei principali motori dell’economia turistica. E fu la speculazione edilizia degli anni Settanta e Ottanta che portò alla costruzione di alberghi, stabilimenti balneari ed edifici residenziali, rendendo il fenomeno davvero distruttivo e coinvolgendo anche le colonie, con massimo risparmio in termini di materiale, tecnologie, rifiniture e scarsa creatività dei progettisti.

Le colonie, generalmente poste a ridosso della spiaggia e circondate da vasti spazi verdi, diventarono preda ambita di affari edilizi senza precedenti. Nelle aree in cui sorgeva una colonia immersa in pinete e spazi verdi, vennero eretti condomini circondati da minuscoli giardinetti, la rappresentazione plastica di quel “sacco delle colonie” che durò almeno tre decenni. Gli edifici più modesti si trasformarono in pensioni a gestione familiare; altri cambiarono destinazione divenendo residenze di lusso grazie alla loro posizione privilegiata di fronte al mare.

(turismo di massa a Ostia, 1950)

Oggi, a parte riutilizzi in alcuni casi virtuosi e in altri oggetto di vere e proprie speculazioni, la maggior parte delle colonie marine è in stato di abbandono. Dove le colonie sono state convertite, o peggio ancora sostituite da alberghi o complessi residenziali senza alcun rispetto per la storia e l’ambiente, il paesaggio è stato compromesso fortemente. In molte località dove le colonie sono state lasciate cadere in rovina, ci si trova di fronte alle macerie di veri e propri ruderi, spazi abbandonati e anche pericolosi, molto spesso resi inaccessibili per questioni di sicurezza. Altre volte, sono diventate spazi per i senzatetto o per le attività di gente di malaffare. In generale, questa loro condizione influenza la qualità delle spiagge su cui si affacciano, e mortifica la qualità di alcuni periodi della storia dell’architettura, tra fascismo e razionalismo, che hanno visto a lavoro anche grandi maestri, come Paolo Portoghesi, Giancarlo De Carlo e tanti altri. Presenze che invitano a riflettere sull’urgenza di mettere in valore il patrimonio costiero vacante e abbandonato dentro progetti di adattamento più ampi, anche attraverso demolizioni dove possibile, e interventi di risarcimento del suolo, per restituire spazio pubblico agli abitanti, in continuità con le spiagge e il mare.

Il cambio di paradigma a cui si fa riferimento presuppone alcune priorità: la rinuncia al nuovo, a favore del recupero del patrimonio abbandonato o inutilizzato; l’avvio di demolizioni strategiche per “liberare spazio” facilitando gli scambi ecologici e le connessioni terra-mare, più in generale a favore di un settore economico – quello delle demolizioni, appunto – da incentivare; l’aggiornamento dei metodi di intervento per la mitigazione del rischio erosione (contro forme di irrigidimento), ovvero la promozione e la realizzazione di progetti di adattamento che non interessino tanto l’acqua ma che rimodellino lo spessore costruito a ridosso, alleggerendolo, aumentandone la porosità, facilitando la ricostruzione dei cordoni dunali e restituendo il più possibile al mare. Sono imperativi a cui dare attuazione rifuggendo le forme delle nuove edilizie balneari intensive, a favore del recupero del costruito esistente e della costruzione di modelli diffusi, di progettualità dolci, a basso impatto, reversibili e adattative, capaci di stare nel cambiamento, per ospitarlo e accompagnarlo.

(ex colonia marina a Ostia, dalla collezione fotosferica Tirrenica360... )

Sempre sulle colonie estive si segnalano il podcast del Pescatore di Perle e  la puntata della Grande Storia “Vacanze di guerra”.

Il Sorpasso

Ai margini di questi viaggi e spesso attraverso di essi, s’incontrano sempre le stesse facce e gli stessi posti, luoghi pubblici in cui esplodono l’ebbrezza e la malinconia collettive e lo scivolamento dell’una nell’altra, in un tracimare emotivo che è una delle connotazioni passionali del genere. Uno di questi scenari prediletti sono le spiagge, preferibilmente quelle formicolanti e colonizzate dagli ombrelloni, dai riti del consumismo, dall’imperativo categorico al divertimento di massa, della riviera adriatica (Ombrellone, 1965, di Dino-Risi), della Versilia (Il sorpasso), del litorale romano (Il giovedì, 1963, di Dino Risi), dove floridi commendatori e traboccanti bikini esibiscono irrefrenabili desideri narcisistici annegati nell’euforia generale. La dialettica tra l’individualità e il gruppo sociale che prende forma così vividamente nella spiaggia, è nel Sorpasso particolarmente evidente. È l’invasione del “tutti”, che entra violentemente nel campo privato dei due protagonisti, provocando opposte reazioni.

Ogni cosa è spazio nel Sorpasso. I desideri sensuali prendono forma e vita al sole delle spiagge roventi e caotiche della Versilia, gli affari si stringono e si concludono nei night-club rumorosi della costa, gli appetiti si soddisfano nelle trattorie festose e volgari fuori porta: e così eros, portafoglio e pancia trovano scenari ideali in cui identificarsi, prima ancora che soddisfarsi. segue…

Mare d’inverno

Pedalando in compagnia dei mari d’inverno, lontani dalla calca estiva, vicini ai venti che agitano dentro.

Il mare d’inverno
È un concetto che il pensiero non considera
È poco moderno
È qualcosa che nessuno mai desidera
Alberghi chiusi
Manifesti già sbiaditi di pubblicità
Macchine tracciano solchi su strade
Dove la pioggia d’estate non cade
E io che non riesco nemmeno
A parlare con me

Extra

Percorsi tematici

> Il Tirreno è un teatro che racconta mille incontri. Le memorie storiche si intrecciano con gli scenari naturali, imprimendo a terra le tracce di visioni da rievocare, un pedale alla volta. Seguendo in bici il mare e i suoi tematismi. Spiagge, fari, pinete, zone umide, promontori, miniere, …. quante storie siete pronti ad ascoltare? segue...

Il vostro contributo

> Siete innamorati anche voi delle pedalate vista mare? Date una occhiata al progetto e alla squadra operativa. Partecipate con passaparola, proposte, feedback, ... Facciamo conoscere insieme la futura Ciclovia Tirrenica. segue...

(Parco della Sterpaia, dalla collezione fotosferica Tirrenica360... )

C’é nelle cose umane una marea che
colta al flusso mena alla fortuna
perduta,
l’intero viaggio della nostra vita
si arena su fondali di miserie.”
Shakespeare, “Giulio Cesare”