Promontorio di Circe

Questo itinerario guida alla scoperta del promontorio del Circeo, che con la sua sagoma inconfondibile disegna lo sfondo della pianura pontina.  Luogo di miti e leggende, si innalza maestoso davanti all’Oceano Mare per una sosta contemplativa d’eccezione. Affacciati sul blu e  accompagnati  dai racconti della dea, lo sguardo correrà lontano all’orizzonte, alla ricerca della nave di Ulisse.

(Promontorio di Circe, dalla collezione fotosferica Tirrenica360... )

L’itinerario rientra all’interno delle iniziative “Tirrenica Extra” (sognando una ciclovia da nord a sud) e delle proposte “Tirrenica Promontori“, per creare un filo rosso tra tutte le pedalate a picco sul mare.

Traccia GPX

Il percorso è proposto da Sandro in Fuga da Roma senz’auto, di cui riportiamo traccia e descrizione. Si caratterizza per essere estremamente impegnativo, sia per dislivello che sviluppo chilometrico. Purtroppo la ferrovia corre all’interno, costringendo ad aggiungere diverse decine di chilometri per avvicinarsi alla costa. In alternativa, valutare l’avvicinamento in macchina.

Percorso rosso

ATTENZIONE:

  • Il percorso è classificato rosso (vai alla classificazione dei percorsi) per via del dislivello, delle pendenze in salita e del tratto sterrato che scende dal promontorio del Circeo, affrontabile solo con una buona bici MTB.
  • uscendo dalla stazione di Priverno la traccia di Sandro corre sullo sterrato lungo l’argine, ma d’inverno potrebbe essere impraticabile per via delle pozzanghere. In alternativa, si consiglia di rimanere sulla strada asfaltata, dove il traffico è sporadico.

“Questo percorso permette di salire sul promontorio del Circeo con un anello che parte e finisce alla stazione di Priverno. Si inizia con un breve tratto della Via Francigena del Sud che passa al lato del fiume Amaseno. Poco dopo si prende la strada di Campo Soriano, molto stretta, ma per niente trafficata. Sale con pendenze molto pedalabili tra massi rocciosi, boschi e ulivi fino al monumento naturale di Campo Soriano: una bella e piacevole salita.
Quindi si scende dal lato opposto, direzione mare alla sinistra di una vallata rocciosa. Si arriva velocemente a Terracina tra strade più o meno secondarie. Arrivati al mare parte una bella ciclabile con vista sul promontorio del Circeo. Si prosegue verso Nord passando anche in due punti brevi lateralmente alla via Pontina, ma comunque in sicurezza. Prima di arrivare al lungomare del Circeo, c’è un tratto che abbiamo trovato trafficato (waypoint di inizio e fine). La traccia sale fino al centro storico del paese del Circeo. Lasciato il paese una salita con vari tornanti vi porterà fino al Monte Circello a quota 440 mt. La pendenza media è di circa 10% con punte che arrivano fino al 14/15%. Poco prima della fine della salita abbiamo fatto una piccola deviazione su sentiero, per vedere un punto panoramico (le crocette). Dal Monte si scende su uno stupendo tratto sterrato con tanti tornanti, con la vista costante del mare e delle isole pontine. Alla fine della discesa un tratto asfaltato e sterrato vi riporterà al paese del Circeo. Da qui si prende una strada in discesa, poi alcune stradine secondarie, con anche un piccolo pezzo sterrato tra i campi vi poteranno sulla Via Litoranera. Qui inizia un tratto trafficato, che sicuramente si può evitare passando dentro il bosco sulla sinistra (inizio e fine segnalati da waypoint – in uno di questi waypoint ho messo la mappa con la possibile deviazione che vi farà evitare questo tratto, si allunga di circa 4 km). Quindi strade dritte e meno trafficate vi porteranno fino al punto di partenza. Evitate la stagione calda o troppo frequentata dai turisti.

Rifornimenti: escluso il bar della stazione di Priverno, rifornimenti solo tra i paesi di Terracina e San Felice Circeo.

(Faro Circeo, dalla collezione fotosferica Tirrenica360... )

Raccomandazioni

> Prima di avventurarvi leggete le raccomandazioni. Impiegate cinque minuti ora nella lettura, per risparmiare sventure e contrattempi dopo. segue...

Tirrenica360

> La collezione di FotoSferiche dedicate a questo percorso, raccolte nella mappa di insieme Tirrenica360 segue... 

Approfondimenti

Da neanderthal alla bonifica

I ritrovamenti archeologici rinvenuti nel Parco Nazionale del Circeo documentano la presenza di insediamenti umani nel territorio sin da epoche lontane. Un territorio esteso che comprende testimonianze, 14 siti archeo-storici ed emergenze architettoniche relativi ad epoche storiche diverse: paleoecologiche e preistoriche (la presenza umana nel territorio del Parco è attestata a partire dal Paleolitico Medio, con grotte e ripari sotto roccia esistenti lungo tutto il perimetro del Monte Circeo); dal Tardo Arcaismo all’età imperiale; dall’anno Mille al dominio dei Caetani (1000 – 1301); i Caetani (1301 – 1713). Per arrivare sino alla bonifica e all’architettura razionalista delle Città di Fondazione. segue…

Parco Nazionale del Circeo

Il Programma MAB (Man and the Biosphere) è stato avviato dall’UNESCO negli anni ’70 allo scopo di migliorare il rapporto tra uomo e ambiente e ridurre la perdita di biodiversità attraverso programmi di ricerca e capacity-building. Aree marine e terrestri che gli Stati membri s’impegnano a gestire nell’ottica della conservazione delle risorse e dello sviluppo sostenibile, nel pieno coinvolgimento delle comunità locali. Scopo della proclamazione delle Riserve è promuovere e dimostrare una relazione equilibrata fra la comunità umana e gli ecosistemi, creare siti privilegiati per la ricerca, la formazione e l’educazione ambientale, oltre che poli di sperimentazione di politiche mirate di sviluppo e pianificazione territoriale. Le Riserve della Biosfera sono quindi indirizzate ad incoraggiare la conservazione degli spazi naturali ma anche a promuovere il territorio, il suo sviluppo economico e le sue specificità culturali.

Le Riserve della Biosfera rappresentano perciò dei veri e propri laboratori di sviluppo sostenibile, capaci di abbinare alla funzione di conservazione dei valori ecologici del territorio quella di valorizzazione delle sue specificità naturali e delle attività locali indirizzate nel senso della sostenibilità.

Il Parco Nazionale del Circeo è stato uno dei luoghi nei quali lo stesso concetto del programma Man and Biosphere dell’UNESCO è nato e si è sviluppato, con la proclamazione fin dal 1977 della Riserva della Biosfera “Foresta Demaniale del Circeo” (Selva di Circe). Nel 2013, a seguito delle revisioni periodiche sulle riserve MaB operate dall’UNESCO, la riserva del Circeo si è estesa fino a raggiungere i confini attuali, che comprendono i comuni di Sabaudia e San Felice Circeo e parte di quelli di Latina e Terracina. segue…

la mappa interattiva

Circe: dea, maga e femme fatale

testo estratto da “Le metamorfosi di Circe: dea, maga e femme fatale”, Irene Berti

Il mito nell’antichità

Il mito di Circe ha una storia lunghissima: dopo la fine del mondo antico è uno di quelli che più si sono prestati a essere riletti, reinterpretati ed investiti di nuovi significati. Il motivo di questo successo va ricercato in due fattori: il primo è che il mito di Circe è un episodio del mito di Ulisse, che a sua volta è un mito straordinariamente prolifico, il secondo è il fascino personale di questa figura femminile “creata” da Omero, un fascino che ha attratto, nel corso dei secoli, poeti, pittori, romanzieri, registi, filosofi e moralisti.

Circe nell’Odissea è una figura molto complessa, e forse per questo particolarmente affascinante. È una dea terribile, esperta in pozioni magiche ed in astuzie malvagie. Come ogni divinità arcaica, Circe ha una faccia positiva ed una negativa, è terribile e benigna, è una signora degli animali, una divinità liminale, che sa come parlare coi morti, che può apparire e sparire ed agire senza essere vista. La critica si è molto soffermata, senza tuttavia saper rispondere, sul perché Circe trasforma i compagni di Odisseo in porci, facendo dipendere da questo episodio l’intera interpretazione della personalità della dea (giudicata dunque capricciosa, ingiusta e crudele).

(Circe, lekythos del Pittore di Atene)

Ma Circe, essendo una dea arcaica, non ha bisogno di un motivo per trasformare gli esseri umani in bestie: lo fa e basta. Le ragioni dell’agire degli dei sono del resto spesso oscure. Tuttavia che la Circe arcaica (di cui non sappiamo praticamente niente) fosse concepita come una creatura fondamentalmente benigna (anche se pericolosa) è confermato da un frammento di Alcmane, in cui Circe applica lei stessa la cera alle orecchie di Odisseo e dei suoi compagni per proteggerli dal canto delle Sirene. Inoltre la Circe omerica è una divinità che dona la conoscenza: d’ora in poi Odisseo continuerà ad errare e a dover superare prove terribili, ma saprà di che si tratta.

ingegnoso Odisseo,
mancanza di guida per la tua nave non ti preoccupi,
ma alzato l’albero, spiegate le vele bianche,
siedi; la nave porterà il soffio di Borea.

Dopo Omero incontriamo Circe molte altre volte nella letteratura antica, ma con una caratterizzazione ben diversa. In Virgilio Circe è una figura sinistra, una pericolosa forza della natura. La incontriamo all’inizio del settimo libro dell’Eneide, quando Enea ed i suoi Troiani stanno per approdare sulla costa italica. Navigando sottocosta di fronte al luogo dove Circe vive, i Troiani sentono la dea cantare e gli animali (i lupi ed i leoni) ululare e gemere scuotendo le catene. La descrizione di Virgilio riprende molti dei dettagli omerici: il canto di Circe, il telaio a cui la dea siede tessendo, il fuoco di legno di cedro. Ma i gemiti terribili delle belve e l’atmosfera inquietante sono un’invenzione virgiliana. Non vi è alcun segno di civilizzazione qui. Non ci sono le belle pietre levigate o le coppe d’oro descritte da Omero. Non c’è alcun indizio del fatto che Enea, come Odisseo, potrebbe apprendere cose importanti da lei.

La Circe virgiliana non è ambigua, è solo malvagia e va evitata: ci pensa infatti Nettuno, che manda una tempesta e impedisce ai Troiani di approdare. Virgilio inverte la funzione del personaggio: mentre in Omero è una dea che alla fine favorisce il viaggio ed il ritorno di Odisseo, in Virgilio è un pericoloso ostacolo di origine soprannaturale.

Nelle Metamorfosi di Ovidio, Circe personifica una passione così estrema che distrugge chiunque impedisca la sua soddisfazione. L’episodio di Odisseo segue molto da vicino quello omerico, ma l’atmosfera è molto più cupa. Odisseo qui arriva esplicitamente come vendicatore, Circe è chiaramente terrorizzata da lui e l’atto d’amore che sussegue non è un invito, ma il risultato della sua sottomissione. Le tre favole di Ovidio condividono lo stesso soggetto: Circe è innamorata di qualcuno che non ricambia i suoi sentimenti e si vendica in maniera violenta e crudele.

La dea la contamina inquinandola con veleni
pestiferi: vi sparge liquidi spremuti da radici
malefiche, mormorando, nove volte per tre, una cantilena
incantata, groviglio oscuro di misteriose parole.

Ai Greci ed ai Romani dell’epoca di Ovidio, Circe doveva apparire certamente più come una strega che non come una dea, nonostante la presenza di un culto, al Circeo, probabilmente precedente alla tradizione virgiliana e da esso indipendente. Il suo essere una “straniera”, la sua liminalità, il suo isolamento, bastavano a renderla diversa dalle divinità olimpiche e a fare di lei, col tempo, una maga operante ai limiti, se non del tutto al di fuori, della religiosità tradizionale, emblema di un sapere pericoloso ed ambiguo.

(Picco di Circe, dalla collezione fotosferica Tirrenica360... )

Il ritratto ovidiano, in particolare, la presenta come un’incantatrice crudele e senza scrupoli, attirando l’attenzione degli allegoristi cristiani, che l’hanno interpretata come una figura demoniaca, personificazione del legame tra il femminino, l’irrazionale, la morte, la seduzione e le forze oscure ed istintive della natura. Privata di ogni qualità positiva, Circe si adattava bene alle teorie cristiane sulla natura demoniaca della donna e della sessualità femminile promulgate dal Medioevo.

L’iconografia antica ha ben rappresentato il processo di “umanizzazione” di Circe e la sua trasformazione da dea in maga. In queste rappresentazioni arcaiche Circe non è presentata come si raffigurerebbe normalmente una donna. Circe non si accorda infatti con la norma del comportamento femminile, ma piuttosto inclina verso il maschile, dal momento che conduce una vita di cui è la sola responsabile.

(Circe e Ulisse)

Circe perde la centralità originaria ed assume il ruolo della sconfitta. Sui vasi a figure rosse  l’attenzione è spostata su Odisseo che la disarma. Questa nuova iconografia, attestata già intorno al 460, ha immediatamente gran successo: nella seconda metà del V sec. troviamo diverse varianti della stessa scena, con Odisseo che aggredisce la dea e lei che fugge gettando a terra la bacchetta e la coppa. Mentre dunque nelle rappresentazioni più antiche Circe era una figura centrale, le immagini classiche del V sec. si concentrano sul momento in cui Odisseo la sconfigge, sfoderando la spada: Odisseo è aggressivo e minaccioso, Circe sorpresa, spaventata ed umiliata.

(Ulisse insegue Circe)

Circe, diventata umana, deve prendere una posizione subordinata all’uomo, come si conviene ad una donna attica del V sec. Se non lo fa, è perché è un’etera o una prostituta: con la vittoria di Odisseo e la sottomissione della maga, l’ordine viene ristabilito nella casa senza uomini di Circe. Questa nuova enfasi pone la scena in un contesto di – molto umana e per niente divina! – storiella morale sulla restaurazione dell’ordine sociale corretto, con l’uomo che comanda sulla donna. L’accentuazione, in queste raffigurazioni a figure rosse, dell’aspetto esotico della dea che spesso indossa ora abiti di foggia orientale, accentua lo straniamento di Circe, rappresentata ormai non solo come donna/etera, ma anche come la straniera per eccellenza, una barbara dagli scomposti costumi sessuali.

L’iconografia romana del mito è piuttosto stereotipata, il tema dominante è quello della “sottomissione” di Circe. In particolare negli affreschi, di cui conosciamo alcuni esempi da Pompei e dall’Esquilino, la dea risulta prostrata e supplicante ai piedi di un minaccioso Ulisse, mentre la magia gioca un ruolo assolutamente secondario, accennata solo dalla fugace presenza degli animali in secondo piano, spesso nascosti dietro una finestra.

Medioevo e Rinascimento

L’unica Circe nota fino alla fine del XV secolo è molto influenzata dalle Metamorfosi ovidiane. Durante il Medioevo, infatti,  Omero non era stato accessibile agli intellettuali dell’Europa occidentale, Ovidio invece continuava ad essere letto, e così anche Virgilio.

Circe e Calipso  sono due dame bellissime senza marito che vivono sole sulle isole Eolie e insidiano tutti coloro che capitano loro a tiro. Circe è dunque scivolata lentamente sulla figura di Calipso, così consegnando alla letteratura futura due modelli perfetti per le varie maghe rinascimentali buone o cattive, come Alcina, Armida, Morgana ed Acrasia.

Nel Rinascimento Circe è una maga  o una seduttrice, che usa le arti magiche fondamentalmente per sedurre. Dopo la riscoperta di Omero, i cicli iconografici con gli episodi di Ulisse divennero molto famosi nelle corti rinascimentali italiane. Ulisse, come Ercole, ben rappresentava infatti lo spirito rinascimentale, con la sua sete di conoscenze, la sua fiducia nell’uomo, le aspirazioni ideali e morali. Emblema della perseveranza, della saggezza e dell’eloquenza, Ulisse era stato protagonista anche in Dante, che esaltando il suo spirito di conoscenza ne aveva fatto una figura protoumanistica molto amata nel Cinquecento. I dipinti di Pellegrino Tibaldi con gli episodi delle avventure di Ulisse  sono tra le prime testimonianze. L’intero ciclo di affreschi è un omaggio alla mascolinità.

(Circe e Ulisse, P.Tibaldi, 1550)

Si affiancano però altre immagini accanto a quella stereotipata della Circe maga malevola e sensuale. Nel Cantus di Giordano Bruno, che è una satira dei costumi del tempo, Circe spiega alla sua ancella che troppi uomini nascono con animi ferini dentro, e dunque meritano di essere trasformati nei corrispettivi animali, dal momento che, una volta trasformati, non differiranno molto da prima, se non nel fatto che mostreranno le zanne, le unghie, i denti, gli aculei e le corna apertamente.

Ultimi secoli

Alla fine del XIX secolo Circe diventa una femme fatale,  in un clima spirituale di grandi cambiamenti sociali e culturali. Vedono gli inizi l’emancipazione femminile, la nascita della psicoanalisi, l’affermazione dei primi movimenti omosessuali, la stretta repressiva della morale tradizionale.

Non più dea, non più nemmeno maga, Circe è soprattutto una seduttrice. Rappresenta un modello di femminilità “disturbante”, molto diffuso (o che si credeva molto diffuso) e sicuramente molto temuto dalla cultura profondamente misogina dell’epoca. Il tema della seduzione è in primo piano assoluto adesso, la magia è in genere solo uno degli strumenti di questa seduzione, espressione di un’analogia simbolica per cui il “fascino” – malvagio – che lei esercita sugli uomini è magia.

Una volta perduta la sua complessità la figura di Circe appare dunque scissa nelle sue componenti basilari: Circe diventerà nella letteratura e nell’arte decadentista di fin de siècle di volta in volta una maga malvagia, un demone, o un vampiro, l’amante gelosa di Ovidio diventerà una seduttrice o una prostituta, gli aspetti liminali della sua personalità porteranno alla creazione di inquietanti figure verginali, quasi delle madonne.

La femme fatale è una belva dall’aspetto angelico, bellissima, conturbante, torbida, una vera mangiatrice di uomini. Nel pensiero superomista la femme fatale diventa non di rado una specie di vampira, che succhia il sangue (o lo sperma) dell’uomo per distruggerlo e lasciarlo senza forze (come la Circe delle allegorie medioevali), un attentato al mito del vero maschio, incarnando così il polo negativo della dicotomia angelo del focolare – demone in cui la cultura profondamente maschilista della seconda metà dell’Ottocento aveva forzato l’identità femminile.

(Circe, Franz Stuck 1913)

Con la sua capacità di trasformare gli uomini in bestie, Circe incarna perfettamente i pericoli della seduzione e soprattutto le funeste conseguenze dell’attrazione per una femme fatale sugli uomini: in un dipinto del 1893 Hacker rappresentava significativamente Circe come una giovane donna nuda verso cui si avvicinano, strisciando sul ventre, uomini già parzialmente trasformati in porci. Come la femme fatale, Circe rappresenta l’immaginario temuto e segretamente desiderato di un’inversione dei ruoli, in cui la donna domina sul maschio.

Un’immagine popolare tra fine Ottocento e inizio Novecento era quella di una Circe più o meno esplicitamente pornografica. Il maiale, in queste riduzioni di Circe a cortigiana/prostituta diventa allora un simbolo della sua lussuria
e dell’abbrutimento conseguente alla schiavitù dei sensi, assumendo dunque una connotazione simbolica completamente diversa da quella originale: diversamente dalla tradizione biblica, il maiale nel mondo omerico non è infatti né un animale impuro, né un animale vorace, né tantomeno è legato alla sfera di Afrodite. L’immagine della Pornokrates di Félicien Rops (1878), in cui una Circe nuda e bendata si lascia guidare dal maiale che tiene al guinzaglio, ben sintetizza l’avvenuta fusione tra il desiderio sessuale e l’abbrutimento animale.

(Pornokrates, Félicien Rops, 1878)

La magia scompare completamente in questa versione del mito: la Pornocrate, nei panni di Circe, è la personificazione della prostituzione. L’iconografia proposta da Rops ebbe molto successo, come dimostra la presenza di figure femminili più o meno discinte, più o meno abbigliate all’antica, con maiali al guinzaglio, sulle copertine dei giornali in voga o sulle cartoline postali dell’epoca.

Molte sono le Circi “belve” nella letteratura di fine secolo. La Circe moderna di Rollinat ha occhi “cavi e funebri” ed il suo amante finisce per morire «empoisonné par ta caresse». Una Circe affascinante e ferina è anche quella descritta da D’Annunzio, che nel lungo poema Maia esprime il doppio punto di vista dell’uomo stremato «dalla fattura di Circe omicida […] che inganna con voce soave» e quello di Ulisse «sano alla lotta», vero soldato e vero maschio, destinato a smascherare e sconfiggere le insidie della seduttrice. Anche in Alcyone D’Annunzio torna sul tema di Circe, «Iddia callida», descritta come signora degli animali che tiene prigionieri «i suoi drudi, bestiame del suo piacere».

Non di rado Circe è raffigurata come una donna bellissima, giovane, sensuale ed apparentemente – ma solo apparentemente – innocua. Pericolosissima è la Circe di Waterhouse (1891), col suo aspetto giovanile e fresco e il gesto imperioso, che attira Ulisse pronta a servirgli la coppa avvelenata e a trasformarlo. Sullo sfondo, riflesso nello specchio, si vede Ulisse, che esita, spaventato. La superiorità di Circe rispetto al seminascosto eroe è evidente, il trono decorato con leoni e lo specchio circolare dietro di lei accentuano l’impressione della sua invincibilità.

Rispetto agli altri archetipi antichi della femme fatale (Lamia, Salome, Medea, le Sirene), troppo negativamente connotati, Circe è forse quello che meglio ne esprime il carattere ambiguo. Mentre infatti era difficile presentare un’immagine positiva di Lamia o di Salome (altre celeberrime “madri spirituali” della femme fatale di fine Ottocento), Circe si è sempre prestata ad incarnare l’ambiguità. Sebbene infatti gli aspetti più mostruosi e vampireschi dell’immaginario collettivo sulla femme fatale siano frutto della crisi della mascolinità tradizionale e siano da ricondurre, come giustamente osservato da molta parte della critica, all’insana cultura sessuale di fin de siècle (a sua volta risultato di profondi cambiamenti sociali), la femme fatale è una figura polisemica, che si presta ad essere investita anche di altri significati.

Frutto dell’immaginario decadentista, amata dai simbolisti, ma anche emblema di una femminilità di rottura, la femme fatale non è dunque una figura univoca, e sarebbe sbagliato interpretarla solo in termini di femminilità repressa, o come il frutto della fantasia perversa scaturita dalla virilità minacciata di fin de siècle.

Soprattutto nei decenni a cavallo tra Ottocento e Novecento non mancavano donne reali, intelligenti e spregiudicate, che incarnavano l’ideale (o il contro-ideale se si preferisce) della femme fatale. Queste donne godevano di dubbia fama ma di indiscusso fascino e utilizzavano consapevolmente il modello della femme fatale per rompere le costrizioni sociali ed uscire dalla subalternità a cui erano altrimenti destinate: frequentavano salotti e finanziavano artisti, spesso avevano loro stesse velleità artistiche o letterarie e si servivano coscientemente (e talora senza scrupoli) del loro fascino.

Non a caso il fenomeno era soprattutto diffuso tra attrici, ballerine ed artiste: tra la languida e subalterna femme fragile e la mostruosa ma indipendente femme fatale, quest’ultimo modello doveva certamente apparire preferibile a chiunque aspirasse alla libertà personale e professionale.

Un intero secolo del resto non aveva fatto altro che classificare, aiutato anche dalla scienza medica e dalla fisiognomica, le donne in categorie ben definite, che non lasciavano spazio tra una norma rigidissima e repressiva e la trasgressione immediatamente catalogata come deviazione, malattia o nevrosi.

Femme fatale o maga? L’identificazione di Circe come prototipo di femme fatale non è l’unico motivo del suo successo in quest’epoca. Il fatto che il mito di Circe avesse goduto di grande favore nel Rinascimento italiano (una delle epoche predilette e grande fonte d’ispirazione per i poeti ed i pittori fin de siècle) e l’interesse, molto vivo alla fine dell’Ottocento, per i temi esoterici quali occultismo, spiritismo e fenomeni paranormali, hanno certamente giocato un ruolo decisivo, alimentando una corrente interpretativa minoritaria, ma importante, in cui Circe è rappresentata come una maga, non priva di qualità intellettuali.

(John William Waterhouse – Circe, 1911.jpg)

Circe è una figura straordinariamente prolifica e come poche altre figure mitiche, caricata di valori simbolici estremamente eterogenei, che coprono la sfera del sociale, culturale, politico e soprattutto del “gender”. Circe finisce dunque nella storia, paradossalmente (lei che in origine è una dea), per divenire uno specchio della condizione umana femminile, oggetto di proiezione delle ansie maschili rispetto alla sessualità femminile ma anche, sia pure più raramente, dei desideri repressi e delle aspirazioni frustrate di intere generazioni di donne.

Pur nella diversità delle letture, si individuano nel corso dei secoli alcune costanti della ricezione di Circe: una di esse è certamente l’erotizzazione del personaggio, una norma alla quale pochissime interpretazioni si sottraggono, nonostante in Omero Circe non tenti affatto di sedurre i compagni di Ulisse e la loro trasformazione in maiali non sia affatto il risultato di un atto di seduzione.
La seconda componente dominante nella ricezione è l’accentuazione degli aspetti negativi di Circe, attraverso l’esaltazione della componente erotica e della componente magica. Questa riduzione negativa giunge talora fino alla completa eliminazione di ogni forma di positività, appiattendo il personaggio su quello di una pericolosa fattucchiera, stravolgendo dunque completamente il suo ruolo rispetto alla versione omerica, dove Circe è sì un personaggio ambivalente, ma fondamentalmente positivo. Proprio la magia apre però la strada ad un’interpretazione “eccentrica”, una corrente minoritaria ma persistente, in cui una Circe benevola (o quantomeno neutra) incarna i valori alternativi della filosofia naturale e del diritto all’autoaffermazione.

Chi è Circe nel XXI secolo? Come abbiamo visto, il mito è una forma aperta, suscettibile di essere riempita di volta in volta di nuovi significati. Non più dea, né maga, né femme fatale, Circe diventa una donna autonoma, capace di scelte coraggiose e contro corrente, modello di una femminilità indipendente e consapevole, che non ha bisogno, per vivere, di una controparte maschile, ma che non rifiuta l’amore e la compagnia di chi, come lei, non ha paura di mettersi in gioco.

Tempio di Circe

Tradizionalmente viene attribuito a Circe il santuario presso il picco occidentale del promontorio, dove è stata rinvenuta nel 1930 una grande testa femminile in marmo (I secolo a.C.), identificata con Circe per la presenza di fori che avrebbero potuto alloggiare i perni di una corona a sette raggi (per via della discendenza di Circe dal Sole). Questa testa, conservata nel Museo Nazionale Romano, potrebbe essere più probabilmente riferita a Venere, raffigurata spesso con un diadema in testa (al quale i fori per la loro posizione potevano benissimo fare da sostegno), sia per il confronto con altre teste della dea, sia per la verosimile presenza di un Afrodision nel Circeo, dove il mirto, pianta sacra a Venere, è decisamente di casa.  segue…

(In-canto di Circe, Andreaneri)

Tirrenica360

> La collezione di FotoSferiche dedicate a questo percorso, raccolte nella mappa di insieme Tirrenica360 segue... 

(Via del Sole, dalla collezione fotosferica Tirrenica360... )

Extra

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Percorsi tematici

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Fari e Torri di avvistamento

> Erosione della costa, taglio dei finanziamenti, nuove tecnologie, aggiornamento delle rotte di navigazione…. tutte le nazioni si interrogano su come tenere vivo il patrimonio di pietre, storie e mattoni disseminato lungo le coste del pianeta. Anche lungo il Mar Tirreno si nascondono preziose memorie guardiane dell'orizzonte. Che siano arroccate su uno sperone di roccia o addormentate su una spiaggia,  a picco sul mare o immerse in una pineta,  scopritele con noi pedalando. segue...

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> Il matrimonio tra terra e mare si fa impetuoso quando l’abbraccio è ancora più appassionato. Ecco perché, pedalando lungo il Tirreno, la memoria delle scogliere a picco evoca ogni volta emozione e meraviglia. Con la collezione “promontori”, andiamo alla scoperta degli affacci sul Tirreno segue...

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> Per aiutarvi a scegliere il percorso più adatto alle vostre aspettative, abbiamo tentato una classificazione su tre livelli: verde, giallo, rosso. segue...

Tirrenica Extra

> Il progetto ufficiale della futura Ciclovia Tirrenica al momento parte da Ventimiglia e finisce a Roma. Noi, dal basso, proviamo a raccogliere spunti preziosi anche su altri percorsi che coinvolgono il Tirreno. segue...

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Il vostro contributo

> Siete innamorati anche voi delle pedalate vista mare? Date una occhiata al progetto e alla squadra operativa. Partecipate con passaparola, proposte, feedback, ... Facciamo conoscere insieme la futura Ciclovia Tirrenica. segue...

(lungomare di Sabaudia, dalla collezione fotosferica Tirrenica360... )

Promontorio di Circe
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