Favignana

Il Tirreno custodisce tesori immensi, come l’arcipelago delle isole Egadi. Ecco perchè, in una visione di insieme che spazia da nord a sud, in TirrenicaZero presentiamo  anche il giro dell’Isola di Favignana.

Il percorso rientra all’interno delle iniziative “Tirrenica Extra“, sognando una ciclovia da nord a sud.

Fotoracconto

(alcuni scatti del giro)

Traccia GPX

Percorso Giallo

L’itinerario parte dal porto e gira l’isola in senso orario. La costa alterna affacci sul mare blu e cattedrali di tufo, scolpite al contrario in secoli di attività estrattiva.  Si prosegue a sud verso il faro di Punta Marsala in un panorama che sa di Africa. La costa si fa più morbida, in una alternanza di spiagge tra cui, forse la più bella, è cala Rotonda.  Raggiunto il faro di Punta sottile ci aspetta uno sterrato (qualche tratto da fare a spinta) che lambisce punta Ferro, con il panorama di Marettimo all’orizzonte. Si torna al porto su strade asfaltate.

Al termine del giro, si consiglia una visita al museo della tonnara.

Rifornimenti: solo al porto

Percorso verde

Il percorso verde ricalca quello giallo dal porto alla spiaggia di Marasolo. Da qui si torna indietro al porto, evitando quindi la parte occidentale dell’isola.

Raccomandazioni

> Prima di avventurarvi leggete le raccomandazioni. Impiegate cinque minuti ora nella lettura, per risparmiare sventure e contrattempi dopo. segue...

Approfondimenti

> Quanti simboli, quante memorie, quanti ricordi fioriscono con la vicinanza del mare? Siete anche voi affascinati dai segni che il tempo e lo spazio hanno disseminato lungo il percorso? Aiutateci ad arricchire questo capitolo, perchè le storie tornino a parlare.

Cave di tufo

L’intera zona nord-orientale di Favignana è fatta di tufo e presenta l’aspetto assolutamente singolare di innumerevoli cave, grotte, sprofondamenti ed erosioni. Il tufo fu per secoli, insieme con la pesca e l’agricoltura, fonte primaria di guadagno per la popolazione; dentro questa roccia sedimentaria si muoveva un piccolo esercito di cavatori abilissimi e intorno a loro manovali, carrettieri, marinai delle tre isole e di Trapani.

La lavorazione era basata sul cottimo: il cavatore prendeva in appalto un terreno, lo preparava a proprie spese liberandolo dal ” cappellaccio “, cioè dal calcare di pietra durissima superficiale che poteva avere anche uno spessore di 1-2 metri; quindi cominciava il lavoro di estrazione del tufo in blocchetti (conci) già perfettamente squadrati. Egli veniva pagato a seconda dei blocchi consegnati: perciò lavorava dall’alba al tramonto, 12 o 14 ore, portandosi appresso i figli dall’età di 8-10 anni. Le cave potevano essere del tipo qui detto a cielo aperto, ma spesso la roccia veniva attaccata lateralmente con gallerie dal livello del mare, al fine di raggiungere il materiale più pregiato per compattezza e grana, che è sempre il più profondo. Si lavorava dal sotto in su, scavando nello stesso tufo delle tacche cui aggrapparsi mani e piedi, facendo attenzione di lasciare grandi pilastri a sostegno delle volte rocciose che andavano formandosi a mano a mano che le caverne ingigantivano.

Cala Rossa è tutta un intrico di tali impressionanti costruzioni a ” pileri “, veri antri dedalici che si internano per centinaia di metri, in cui generazioni di cavatori trascorsero 50-60 anni di lavoro al buio, abbarbicati alla roccia o trasportando a spalla milioni di conci verso le barche o i carri. E le piste rocciose fuori delle cave sono tutte scritte dai pesanti solchi dei carri che arrancavano in salita, mentre le coste marine mostrano i segni dei molti piccoli attracchi per il carico a spalla su barche a vela che ininterrottamente facevano la spola da e per Trapani, Levanzo, Marettimo.

Gli strumenti usati erano la ” mannara “, una specie di piccozza dalla ” penna ” o taglio largo, che serviva per tracciare e approfondire nella roccia i contorni del blocchetto di tufo o ” cantuna “; lo ” zappune ” e il ” piccune “, coi quali si estirpava il blocco. Nessun altro arnese aiutava il cavatore, che lavorava esclusivamente a occhio.. (tratto da favignana.com )

Tonnara

Quest’isola ha una storia lunga e antichissima. Parte di questa storia è sicuramente legata alla Tonnara di Favignana, altrimenti conosciuta come Stabilimento Florio, un vero e proprio gioiello di archeologia industriale.
Questo non è solo il luogo dove venivano custodite le barche e tutte le attrezzature per la mattanza dei tonni, è soprattutto la storia di una famiglia che si intreccia con l’anima dell’isola.

La Tonnara ad un primo colpo d’occhio ricorda le grandi cattedrali, con i suoi archi maestosi e soffitti altissimi, ci da l’idea di quanto fosse importante questo luogo per chi ha commissionato i lavori di costruzione: la pesca del tonno ed il lavoro di uomini e donne erano considerati sacri. segue…

Extra

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Il vostro contributo

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Favignana, Egadi
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