Favignana

Il Tirreno custodisce tesori immensi, come l’arcipelago delle isole Egadi. Ecco perchè, in una visione di insieme che spazia da nord a sud, in TirrenicaZero presentiamo  anche il giro dell’Isola di Favignana.

Il percorso rientra all’interno delle iniziative “Tirrenica Extra” e delle “Visioni Tirreniche“, sognando una ciclovia da nord a sud e dei tematismi “spiagge“,  “fari“, “miniere“e “promontori“.

Fotoracconto

(alcuni scatti del giro)

Traccia GPX

Percorso Giallo

Nota: Il percorso è stato classificato giallo (vai alla classificazione dei percorsi) perchè prevede l’attraversamento di una galleria di qualche centinaio di metri. I piccoli marciapiedi ai lati (da imboccare fin da subito) evitano di impegnare la corsia, ma è altamente consigliabile accendere la torcia del telefonino. In alternativa, per evitare la galleria, verificare se la strada laterale è agibile (è chiusa da tempo immemore per caduta massi).

L’itinerario parte dal porto (foto360) e gira l’isola in senso orario (foto360, foto360, foto360). La costa alterna affacci sul mare blu e cattedrali di tufo (foto360, foto360, foto360), scolpite al contrario in secoli di attività estrattiva.  Si prosegue a sud verso il faro di Punta Marsala (foto360, foto360) in un panorama che sa di Africa. La costa si fa più morbida (foto360), in una alternanza di spiagge e scogliere (foto360, foto360, foto360).  Raggiunto il faro di Punta sottile (foto360, foto360) si torna indietro per la stessa strada o si prosegue lungo costa per sterrato (qualche tratto da fare a spinta) che lambisce punta Ferro, con il panorama di Marettimo all’orizzonte. Si torna al porto su strade asfaltate. Al termine del giro, si consiglia una visita al museo della tonnara (foto360, foto360, foto360, foto360, foto360, foto360, foto360). Per chi vuole, la strada  prosegue verso Capo Grosso (foto360).

Rifornimenti: solo al porto

Percorso verde

Il percorso verde ricalca quello giallo dal porto alla spiaggia di Marasolo. Da qui si torna indietro al porto, evitando quindi la parte occidentale dell’isola.

Raccomandazioni

> Prima di avventurarvi leggete le raccomandazioni. Impiegate cinque minuti ora nella lettura, per risparmiare sventure e contrattempi dopo. segue...

Tirrenica360

> La collezione di FotoSferiche dedicate a questo percorso, raccolte nella mappa di insieme Tirrenica360 segue... 

Tour360

I tour immersivi dedicato all’isola di Favignana e di Marettimo, per ammirare le bellezze dei luoghi a tutto tondo.

Favignana

L’isola di Favignana. Vai al tour…

Marettimo

L’isola di Marettimo. Vai al tour…

Approfondimenti

> Quanti simboli, quante memorie, quanti ricordi fioriscono con la vicinanza del mare? Siete anche voi affascinati dai segni che il tempo e lo spazio hanno disseminato lungo il Tirreno? Aiutateci ad arricchire questo capitolo, perchè le storie tornino a parlare.

Cave di tufo

L’intera zona nord-orientale di Favignana è fatta di tufo e presenta l’aspetto assolutamente singolare di innumerevoli cave, grotte, sprofondamenti ed erosioni. Il tufo fu per secoli, insieme con la pesca e l’agricoltura, fonte primaria di guadagno per la popolazione; dentro questa roccia sedimentaria si muoveva un piccolo esercito di cavatori abilissimi e intorno a loro manovali, carrettieri, marinai delle tre isole e di Trapani.

La lavorazione era basata sul cottimo: il cavatore prendeva in appalto un terreno, lo preparava a proprie spese liberandolo dal ” cappellaccio “, cioè dal calcare di pietra durissima superficiale che poteva avere anche uno spessore di 1-2 metri; quindi cominciava il lavoro di estrazione del tufo in blocchetti (conci) già perfettamente squadrati. Egli veniva pagato a seconda dei blocchi consegnati: perciò lavorava dall’alba al tramonto, 12 o 14 ore, portandosi appresso i figli dall’età di 8-10 anni. Le cave potevano essere del tipo qui detto a cielo aperto, ma spesso la roccia veniva attaccata lateralmente con gallerie dal livello del mare, al fine di raggiungere il materiale più pregiato per compattezza e grana, che è sempre il più profondo. Si lavorava dal sotto in su, scavando nello stesso tufo delle tacche cui aggrapparsi mani e piedi, facendo attenzione di lasciare grandi pilastri a sostegno delle volte rocciose che andavano formandosi a mano a mano che le caverne ingigantivano.

Cala Rossa è tutta un intrico di tali impressionanti costruzioni a ” pileri “, veri antri dedalici che si internano per centinaia di metri, in cui generazioni di cavatori trascorsero 50-60 anni di lavoro al buio, abbarbicati alla roccia o trasportando a spalla milioni di conci verso le barche o i carri. E le piste rocciose fuori delle cave sono tutte scritte dai pesanti solchi dei carri che arrancavano in salita, mentre le coste marine mostrano i segni dei molti piccoli attracchi per il carico a spalla su barche a vela che ininterrottamente facevano la spola da e per Trapani, Levanzo, Marettimo.

Gli strumenti usati erano la ” mannara “, una specie di piccozza dalla ” penna ” o taglio largo, che serviva per tracciare e approfondire nella roccia i contorni del blocchetto di tufo o ” cantuna “; lo ” zappune ” e il ” piccune “, coi quali si estirpava il blocco. Nessun altro arnese aiutava il cavatore, che lavorava esclusivamente a occhio.. (tratto da favignana.com )

VenaCava

testo di Fulvia Bernacca – VenaCava

L’unicità di quest’isola è data dall’essere per metà completamente scavata. Una delle attività più redditizie infatti, è stata per decenni, quella dell’estrazione di una pietra simile al tufo, ottima per costruzioni, una calcarenite conchiglifera, un materiale sedimentario costituito da organismi marini, fossili e conchiglie, con la quale si sono costruiti la maggior parte degli edifici sull’isola e in gran parte della Sicilia e del Mediterraneo.

Cosa rimane ora di questa sottrazione, di questo vuoto, di questo buio? Ho iniziato così un viaggio in questo mondo parallelo, nascosto e sotterraneo, un mondo scavato, un mondo al contrario, surreale, verso il cuore dell’isola. Sottoterra ho cercato di immaginare le persone che hanno lavorato per tutta una vita nelle cave, senza mai vedere la luce del sole, vivendo e lavorando in condizioni difficilissime. Ho percepito la loro energia, il sudore, il sangue, la fatica e la loro intima e violenta connessione con la Terra.

I blocchi di pietra che si estraevano si chiamavano “cantuna“, la pietra che canta, perché battendoli creavano vibrazioni sonore, dalle quali i “pirriatura” capivano la qualità della pietra e, se non erano buoni, erano cantuna stonati. E stata la terra stessa quindi, questa pietra viva, che ha guidato l’uomo, inconsapevole, nella creazione di queste opere architettoniche di estrema bellezza e intensità, simili a templi e cattedrali.

(Cava Cavallo, dalla collezione fotosferica Tirrenica360... )

Ho percepito l’unione di queste energie, il rapporto intimo e viscerale tra la pietra e l’uomo, tra natura e architettura e ho visto l’arte e il sacro che da questo incontro si è generato. In questo viaggio surreale, ho scoperto il cuore di Favignana, la sua storia più intima, sono scesa al suo interno, ho camminato nelle sue vene, sentito i suoi organi pulsare, ho sentito la sua energia unita a quella degli uomini che in qualche modo l’hanno ferita.

Sono rimasta stupita da quanta bellezza può nascere da un taglio, dal vuoto, da quanta energia può emergere dalla sottrazione, da quanta luce può sorgere dal buio. E mi sono chiesta: le vene, il cuore della Terra, la sua anima, unite alla fatica e al sudore degli uomini, hanno un colore?

Tonnara Florio

Quest’isola ha una storia lunga e antichissima. Parte di questa storia è sicuramente legata alla Tonnara di Favignana, altrimenti conosciuta come Stabilimento Florio, un vero e proprio gioiello di archeologia industriale. Questo non è solo il luogo dove venivano custodite le barche e tutte le attrezzature per la mattanza dei tonni, è soprattutto la storia di una famiglia che si intreccia con l’anima dell’isola.

La Tonnara ad un primo colpo d’occhio ricorda le grandi cattedrali, con i suoi archi maestosi e soffitti altissimi, ci da l’idea di quanto fosse importante questo luogo per chi ha commissionato i lavori di costruzione: la pesca del tonno ed il lavoro di uomini e donne erano considerati sacri. segue…

(Tonnara Florio, dalla collezione fotosferica Tirrenica360... )

Tonni e sale

Testo estratto dalla rivista Meridiani.

Non le penne di Strabonio e Tolomeo, ma le pinne dei tonni disegnarono le mappe del Mediterraneo, e scrissero la storia d’ Europa. E’ una battuta, ma solo a metà. Per millenni le grandi esplorazioni dei cretesi, dei fenici, dei cartaginesi, dei saraceni hanno seguito le migrazioni del Thunnus thynnus e dei suoi cugini, che sfrecciavano a 70-80 chilometri orari e in tre mesi potevano attraversare l’Atlantico. Da lì, cavalcando segrete correnti al di là delle Colonne d’Ercole, si riversavano nel Mediterraneo e fino al Mar Nero, in acque calde e salate, per deporre le uova. Una volta compiuta la missione tornavano indietro. Allora come oggi, con gli uomini perennemente sulla loro scia.

(cratere del venditore di tonno, IV sec a.c.)

Gli uomini li seguivano per fame, certo, essendo quella una delle carni più nutrienti del creato. Ma non solo per fame. Colonie ed empori vennero fondati ovunque, sulla scia dei pinnuti; e soprattutto saline. Perché i tonni in foia portavano i loro inseguitori ai mari più salati: e il sale, l’arte della salamoia, preservando per mesi quei pesci e altri cibi, un bel giorno consentì traversate lunghissime, senza più tanti scali, da un capo all’altro del mondo conosciuto.

Il tonno in mare era stato la calamita dei viaggi civilizzatori. Il tonno in cambusa ne fu il carburante. Di due cose, intorno al 1500 avanti Cristo, aveva bisogno il fenicio per scoprire il mondo, sporgendosi dalla terrazza verde del suo Libano: il cedro dietro di sè, che forniva il legno per le navi; e il tonno davanti a sé, fra le onde, che calamitava verso l’ignoto.

Il tonno, come un messaggero del destino. Dall’ Oriente di Tiro, i pazzi fenici salpavano alla ricerca di argento, oro, stagno e di quelle bestie che in primavera venivano loro incontro da Occidente: a milioni, “come falangi”, avrebbero detto i greci. Con i tonni arrivava anche l’altro pesce azzurro, loro menù preferito: cinque chili di acciughe e sardine concorrono a formare un chilo di tonno dalla pinna azzurra, il bluefin più pregiato, che giunge a 3-4 metri di lunghezza e ai 700 chili di peso. Dalle uova, la bottarga degli arabi batarikh, al lattume, lo sperma impanato e fritto; dalla buzzonaglia, le frattaglie nerastre, al cuore e ai polmoni; dalla ficazza, il salame, al magro mosciame. Un’orgia dolce e salata: poiché, davvero, il maiale dei marinai si chiama tonno.

I fenici seguivano dunque i tonni, buttando l’ancora alla foce dei fiumi, lì si cercava il sale per conservare il pescato, poi si ripartiva con l’aiuto di Eolo. Sazi, e arricchiti. Il sale serviva anche per i murici, molluschi che trasudavano la porpora, roba tanto preziosa da tingere le vele di Cleopatra e le toghe dei patrizi romani.

(anfore e navi a Favignana, dalla collezione fotosferica Tirrenica360... )

La storia del sale, incubatrice di guerre, esplorazioni e trattati, si intreccia continuamente con quella del tonno. Le guerre puniche ebbero nel pesce sotto sale uno dei bottini in palio. Quando nel 241 avanti Cristo, dopo la battaglia navale alle Egadi, i romani strapparono ai cartaginesi la Sicilia, la tramutarono sí nel granaio di Roma”, ma anche nella “pescheria di Roma”. A Favignana già si bolliva nelle paludi l’acqua marina, succhiandole sapientemente il sale; e il manicaretto di quella pescheria era proprio il bluefin.

“Piatto eccezionale che fa venire l’acquolina agli dei” lo definisce nel IV secolo a.C. il poeta greco-siculo Archestrato, inneggiando commosso alla “coda della femmina”: gustala calda, dice, a fettine inumidite nell’acqua salata; e poi rigustala ancora, come matrice lussuriosa – insieme con sgombri e acciughe – del garum, la salsa di pesce fermentato che fece impazzire anche Lucullo, Petronio e Trimalcione.

Poveretti, tutti quei goduriosi. Rivivessero oggi, avrebbero i brividi: il 90 per cento dei tonni nel mondo non esiste più, tramutato in sushi dai pescatori giapponesi. Loro arpionano il pinnuto erotomane quando ancora non sa riprodursi: adolescente e vergine, pronto all’ingrasso, il più innocente fra tutti noi.

Extra

TirrenicaExtra

> Il progetto ufficiale della futura Ciclovia Tirrenica al momento parte da Ventimiglia e finisce a Roma. Noi, dal basso, proviamo a raccogliere spunti preziosi anche su altri percorsi che coinvolgono il Tirreno. segue...

Tirrenica Visioni

> Il Tirreno custodisce tesori immensi, frutto della natura, che ha saputo innalzare scenari grandiosi… ma anche dell’uomo , che nella sua millenaria esperienza di commerci e contaminazioni, ha modellato i paesaggi, consegnando a noi memorie dense di storia. Ecco perchè, in una visione di insieme che spazia da nord a sud, in TirrenicaZero raccogliamo una serie di spunti, sognando una ciclovia da nord a sud. segue...

Percorsi tematici

> Il Tirreno è un teatro che racconta mille incontri. Le memorie storiche si intrecciano con gli scenari naturali, imprimendo a terra tracce da rievocare, un pedale alla volta. Seguendo in bici il mare e i suoi tematismi. Spiagge, fari, pinete, zone umide, promontori, miniere, …. quante storie siete pronti ad ascoltare? segue...

Spiagge Tirreniche

> Cosa sarebbe un mare senza una spiaggia? Al termine di un temporale o all’avvicinarsi di un tramonto, tra un bagno rinfrescante e una passeggiata sul bagnasciuga. Che sia in piena estate o d’inverno. Profumi e cantilene che portiamo dentro una generazione dopo l’altra. Diversi itinerari in bici lungo la futura ciclovia Tirrenica ci permettono di avvicinare la meraviglia dei granelli di sabbia.  segue...

Fari e Torri

> Tutte le nazioni si interrogano su come tenere vivo il patrimonio di pietre, storie e mattoni disseminato lungo le coste del pianeta. Erosione della costa, taglio dei finanziamenti, nuove tecnologie, aggiornamento delle rotte di navigazione…. Anche lungo il Mar Tirreno si nascondono preziose memorie guardiane dell'orizzonte. Che siano arroccate su uno sperone di roccia o addormentate su una spiaggia,  a picco sul mare o immerse in una pineta,  scopritele con noi pedalando. segue...

(Faro di Punta Marsala, dalla collezione fotosferica Tirrenica360... )

Miniere

> L’Italia custodisce un ingente patrimonio minerario in cui sono stratificati valori identitari e memorie sociali da conservare e riqualificare a fini turistici-culturali. Miniere, cave, siti preistorici da raggiungere in bici, tutto l’anno, lungo la futura ciclovia Tirrenica. segue... 

Un passo alla volta

> Proposte in bici di una mattinata, un giorno, un weekend, una vacanza intera... per saggiare le proprie capacità e alimentare esperienza e consapevolezza segue...

Classificazione percorsi

> Itinerari verdi, gialli o rossi, per aiutarvi a scegliere il percorso più adatto alle vostre aspettative segue...

Il vostro contributo

> Innamorat@ anche voi delle pedalate vista mare? Date una occhiata al progetto e alla squadra operativa. Partecipate con passaparola, proposte, feedback, ... Le amministrazioni non vedono le potenzialità della CicloVia? Mostriamo loro il contrario. Facciamo conoscere insieme la futura Tirrenica. segue...

(tonnara al porto, dalla collezione fotosferica Tirrenica360... )

Favignana, Egadi
Tag: